tag:blogger.com,1999:blog-2837247425702939432024-03-05T14:03:22.235+01:00La questione meridionaleUnknownnoreply@blogger.comBlogger40125tag:blogger.com,1999:blog-283724742570293943.post-76684821427911093842020-10-08T23:35:00.005+02:002020-10-08T23:45:46.646+02:00A 30 anni dalla riunificazione: un confronto sulla convergenza regionale in Germania e in Italia<p class="MsoNormal" style="line-height: normal; margin-bottom: 6pt;"><span style="font-family: helvetica;">Nel corso dei
tre decenni successivi alla caduta del muro di Berlino del 9 novembre 1989 la
Germania ha gestito con successo un percorso di riunificazione, avviato il 3
ottobre 1990 con l’incorporazione nella Repubblica Federale Tedesca (Germania
Ovest) dei territori della Repubblica Democratica Tedesca (Germania Est)
costituiti in cinque nuovi lander: Meclemburgo-Pomerania Anteriore,
Brandeburgo, Sassonia, Sassonia-Anhalt e Turingia. Il percorso di
riunificazione ha richiesto un ingente sforzo alla macchina statale tedesca
che, nella prima metà degli anni Noventa del XX secolo, ha ampliato il deficit
di bilancio che è arrivato fino al 9,4% del 1995, 2,4 punti più ampio del 7,0%
della media UE a 15. Nella seconda metà degli anni Novanta il deficit si riduce
e nel 2000 il bilancio statale tedesco torna in positivo. Sale la pressione
fiscale, con le entrate del bilancio che passano dal 43,2% del PIL del 1991 al
massimo storico del 46% nel 1999.<o:p></o:p></span></p><p class="MsoNormal" style="line-height: normal; margin-bottom: 6pt;"><span style="font-family: helvetica;">Dalla
riunificazione si è osservato un accentuato processo di convergenza tra Est e
Ovest della Germania – che valutiamo sia in termini di PIL complessivo che in
termini di PIL pro capite – e che mettiamo a confronto con quello registrato
tra regioni del Mezzogiorno e del Centro Nord d’Italia.<o:p></o:p></span></p><p class="MsoNormal" style="line-height: normal; margin-bottom: 6pt;"><span style="font-family: helvetica;">Nel 1991 il
Prodotto interno lordo dei cinque lander della ex DDR, valutato a prezzi
correnti, pesava l’11,6% del PIL della ex Repubblica Federale Tedesca; dopo un
decennio, nel 2000, il rapporto sale al 17,6% per stabilizzarsi successivamente
e collocarsi al 17,8% nel 2017.<o:p></o:p></span></p><p class="MsoNormal" style="line-height: normal; margin-bottom: 6pt;"><span style="font-family: helvetica;">In parallelo
a questo favorevole andamento nella maggiore economia europea si osserva la
mancata convergenza per le regioni del Mezzogiorno d’Italia. Nel 1991 il PIL
delle regioni meridionali era pari al 33,5% di quelle del Centro Nord;
nell’arco del successivo decennio tale rapporto scende progressivamente per
arrivare al 32,1% nel 2000. Nel corso del XXI secolo il peso del PIL delle
regioni meridionali si riduce ulteriormente, arrivando al 29,0% nel 2017.<o:p></o:p></span></p><p class="MsoNormal" style="line-height: normal; margin-bottom: 6pt;"><span style="font-family: helvetica;">Nel 1991 il
PIL pro capite nei territori dell’ex DDR era il 46,7% di quello rilevato nei
territori dell’ex Germania Ovest; nel 2000 il rapporto sale al 66,3% e nel 2017
arriva al massimo del 73%. Nel Mezzogiorno, all’ inizio degli anni Novanta del
secolo scorso, il PIL pro capite era il 59,1% di quello delle regioni del
Centro Nord, nel 2000 il rapporto scende al 56,7% e nel 2017 si ferma al minimo
storico del 57,7%.<o:p></o:p></span></p><p class="MsoNormal" style="line-height: normal; margin-bottom: 6pt;"><span style="font-family: helvetica;">L’analisi
delle statistiche storiche di Daniele e Malanima nel paper ‘Il prodotto delle
regioni e il divario Nord-Sud in Italia (1861-2004)’ evidenzia, tra l’altro,
che “divari rilevanti fra regioni, in termini di prodotto pro capite, non
esistessero prima dell’Unità” e “che si siano aggravati di nuovo in seguito
alla riduzione dei tassi di sviluppo dell’economia dai primi anni ’70 in poi”.<o:p></o:p></span></p><p>
</p><p class="MsoNormal" style="line-height: normal; margin-bottom: 6pt;"><span style="font-family: helvetica;">Un contributo
alla riduzione del divario Nord-Sud nel nostro Paese può arrivare da un modello
di sviluppo sostenibile in grado di liberare le risorse del sistema di micro e
piccola impresa diffuso nel Mezzogiorno il quale, negli ultimi anni, ha
mostrato un particolare dinamismo. Come sottolineato, infatti, nel Rapporto
‘Evidenze sul sistema di piccola impresa nel Mezzogiorno’ predisposto per la
Convention Mezzogiorno 2019 di Confartigianato tenutasi a Matera il 17 e 18
ottobre 2019 – clicca qui per scaricarlo – nell’arco del triennio di ripresa
2014-2017 l’occupazione delle piccole imprese del Mezzogiorno è salita del
6,0%, un ritmo più che doppio del +2,6% rilevato nel Centro-Nord.</span></p><p class="MsoNormal" style="line-height: normal; margin-bottom: 6pt;"><span style="font-family: helvetica;"><br /></span></p><div style="line-height: normal; margin-bottom: .0001pt; margin-bottom: 0cm; text-align: center;"><span style="font-family: "Helvetica",sans-serif; font-size: 12.0pt; mso-bidi-font-family: "Times New Roman"; mso-fareast-font-family: "Times New Roman"; mso-fareast-language: IT;"><b>RAPPORTO PIL PRO CAPITE
MEZZOGIORNO-CENTRO NORD <br /></b></span><span style="font-family: "Helvetica",sans-serif; font-size: 12.0pt; mso-bidi-font-family: "Times New Roman"; mso-fareast-font-family: "Times New Roman"; mso-fareast-language: IT;"><b>E EX DDR/EX GERMANIA OVEST</b></span></div><div style="line-height: normal; margin-bottom: .0001pt; margin-bottom: 0cm; text-align: center;"><span style="font-family: "Helvetica",sans-serif; font-size: 12.0pt; mso-bidi-font-family: "Times New Roman"; mso-fareast-font-family: "Times New Roman"; mso-fareast-language: IT;"><b><br /></b></span><i><span style="font-family: "Helvetica",sans-serif; font-size: 10.0pt; mso-bidi-font-family: "Times New Roman"; mso-fareast-font-family: "Times New Roman"; mso-fareast-language: IT;">1991,
2000,2010, 2017, valori %, PIL a prezzi correnti – Elaborazione Ufficio Studi
Confartigianato su dati Istat, Commissione europea ed Eurostat<br /></span></i><o:p> </o:p></div><div style="line-height: normal; margin-bottom: .0001pt; margin-bottom: 0cm; text-align: center;"><div class="separator" style="clear: both; text-align: center;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEhgmEhgV62CjjLvE-uzIRUljg1BwTKr6Gyip_wWCnrNBXe0XU5lzyHx_lZn8t9sAGv2eaDUJ9o6M65vqEGRe4t38spNoAppKhmkjKyFgDc86KECpBbEDAEKElp0Vv7ZdBW3v4qn3NkehWx3/s700/Rapporto-PIL-pro-capite-Mezzogiorno-Centro-Nord-e-ex-DDR-ex-Germania-Ovest.png" imageanchor="1" style="clear: left; float: left; margin-bottom: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" data-original-height="300" data-original-width="700" height="274" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEhgmEhgV62CjjLvE-uzIRUljg1BwTKr6Gyip_wWCnrNBXe0XU5lzyHx_lZn8t9sAGv2eaDUJ9o6M65vqEGRe4t38spNoAppKhmkjKyFgDc86KECpBbEDAEKElp0Vv7ZdBW3v4qn3NkehWx3/w640-h274/Rapporto-PIL-pro-capite-Mezzogiorno-Centro-Nord-e-ex-DDR-ex-Germania-Ovest.png" width="640" /></a></div></div>Unknownnoreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-283724742570293943.post-76818648110553087412020-02-06T06:38:00.000+01:002020-02-06T09:44:49.043+01:00Eurispes - Rapporto Italia 2020: Il Mezzogiorno al di là delle fake news<span style="font-family: Arial, Helvetica, sans-serif;">Spiega Gian Maria Fara, Presidente dell'Eurispes: «Sulla questione meridionale, dall'Unità d'Italia ad oggi, si sono consumate le più spudorate menzogne. Il Sud, di volta in volta descritto come la sanguisuga del resto d'Italia, come luogo di concentrazione del malaffare, come ricovero di nullafacenti, come gancio che frena la crescita economica e civile del Paese, come elemento di dissipazione della ricchezza nazionale, attende ancora giustizia e una autocritica collettiva da parte di chi – pezzi interi di classe dirigente anche meridionale e sistema dell'informazione – ha alimentato questa deriva. All'interno di questo Rapporto si trova una descrizione della vicenda meridionale ricca di dati e di informazioni prodotti dalle più autorevoli agenzie nazionali ed internazionali che certificano come siamo di fronte ad una situazione letteralmente capovolta rispetto a quanto comunemente creduto».<br /><br /><br />Nel 2016 lo Stato italiano ha speso 15.062 euro pro capite al Centro-Nord e 12.040 euro pro capite al Meridione. In altre parole, ciascun cittadino meridionale ha ricevuto in media 3.022 euro in meno rispetto a un suo connazionale residente al Centro-Nord. Nel 2017, si rileva un'ulteriore diminuzione della spesa pubblica al Mezzogiorno, che arriva a 11.939 (-0,8%), mentre al Centro-Nord si riscontra un aumento dell'1,6% (da 15.062 a 15.297 euro). emerge una realtà dei fatti ben diversa rispetto a quanto diffuso nell'immaginario collettivo che vorrebbe un Sud "inondato" di una quantità immane di risorse finanziarie pubbliche, sottratte per contro al Centro-Nord.<br /><br /><br />Dal 2000 al 2007 le otto regioni meridionali occupano i posti più bassi della classifica per distribuzione della spesa pubblica. Per contro, tutte le Regioni del Nord Italia si vedono irrorate dallo Stato di un quantitativo di spesa annua nettamente superiore alla media nazionale.<br /><br /><br />Se della spesa pubblica totale, si considera la fetta che ogni anno il Sud avrebbe dovuto ricevere in percentuale alla sua popolazione, emerge che, complessivamente, dal 2000 al 2017, la somma corrispondente sottrattagli ammonta a più di 840 miliardi di euro netti (in media, circa 46,7 miliardi di euro l'anno).<br /><br /><br />Il Prodotto interno lordo al Nord Italia dipende molto poco dalle esportazioni all'estero e per grossissima parte invece dalla vendita dei prodotti al Sud, il quale a sua volta nei confronti dello scambio di prodotti con il Nord Italia mostra valori in perdita di diversa gravità.<br /><br /><br />La situazione di import-export tra Nord e Sud Italia, tutta a vantaggio del Settentrione è resa possibile, paradossalmente, proprio da quei tanto discussi trasferimenti giungenti da Nord a Sud, come frutto delle tasse pagate dal Settentrione. Se questi ultimi infatti fossero oggi annullati o semplicemente ridotti, il primo a farne le spese sarebbe proprio il Nord, subendone le conseguenze peggiori.<br /><br /><br />A conti fatti, a fronte dei 45 miliardi di euro di trasferimenti che ogni anno si sono spostati da Nord a Sud, ve ne sono stati altri 70,5 pervenuti al Nord compiendo il percorso inverso.<br /><br /><br />«Dunque, ogni ulteriore impoverimento/indebolimento del Sud si ripercuote sull'economia del Nord, il quale vendendo di meno al Sud, guadagna di meno, fa arretrare la propria produzione, danneggiando e mandando in crisi così la sua stessa economia». Conclude il Presidente dell'Eurispes.<br /><br /><br /><br /><br />Fondi utilizzati: al Sud performance migliore della media nazionale<br /><br /><br />I programmi di sviluppo regionali (e anche quelli nazionali) che si avvalgono del Fondo Sociale Europeo (FSE) e del Fondo Europeo di Sviluppo Regionale (FESR) per il ciclo 2014-2020, hanno potuto disporre di una dotazione di ben 35,5 miliardi di euro totali, stanziati per il 60% dal budget europeo e per il resto dal cofinanziamento nazionale.<br /><br /><br />Alla fine del 2019, le Regioni italiane hanno speso in totale 7,4 miliardi. I progetti investono un ammontare complessivo di 25,8 miliardi di euro, cioè il 69% del totale dei vari programmi regionali (IFEL, 2019).<br /><br /><br />Le regioni in ritardo di sviluppo (Calabria, Campania, Puglia e Sicilia) registrano una spesa che è mediamente minore di quella media nazionale (18% contro 23%). Tuttavia, se consideriamo gli impegni di spesa, le stesse Regioni raggiungono in media il 72% dell'intera programmazione, che è un dato più alto del 3% rispetto alla media nazionale. Questi dati smentiscono una performance peggiore di queste Regioni rispetto alle altre. Diverso, invece, è parlare dell'efficacia della spesa, cioè dell'impatto che questa spesa (piccola o grande) avrà sui territori.<br /><br /><br /><a href="https://eurispes.eu/news/eurispes-risultati-del-rapporto-italia-2020/">https://eurispes.eu/news/eurispes-risultati-del-rapporto-italia-2020/</a></span>Unknownnoreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-283724742570293943.post-33726821345287419902020-01-31T23:37:00.000+01:002020-01-31T23:38:04.893+01:00Carabinieri: Gravi colpe "dell'invasore" piemontese<div dir="auto"><div>Sul sito Internet del ministero della Difesa che si occupa della storia dell'Arma dei Carabinieri c'è una positiva sorpresa, che riguarda l'interpretazione di alcune vicende del 1861, l'anno clou del nostro Risorgimento e dell'unificazione italiana.</div><div><br /></div><div>Assedio di Gaeta, brigantaggio, Fenestrelle sono gli argomenti presi in esame, con efficace sintesi, nel testo. E vengono riviste alcune interpretazioni "sedute" del passato, prive di ulteriori approfondimenti. Così, il brigantaggio viene ora definito "prima grande rivolta armata" e, riprendendo i dati riportati dalla relazione della commissione parlamentare per il brigantaggio, approssimati per difetto, sono citate le cifre dei morti nelle "bande brigantesche": 5212 uccisi in combattimento o fucilati; oltre 5000 arrestati.</div><div><br /></div><div>Onestà intellettuale dall'Arma dei Carabinieri che fu impegnata nella repressione del brigantaggio ed ebbe decine di morti nei combattimenti. Un'onestà di analisi critica che viene confermata dalla frase successiva: "La questione dell'insorgenza è stata sempre tenuta nell'ombra dalla storiografia risorgimentale. Nascoste o sottovalutate le gravi colpe dell'invasore piemontese". I termini contano: "invasore" piemontese con le sue colpe, omissioni della storiografia risorgimentale.</div><div><br /></div><div>Nell'assedio di Gaeta, "i soldati borbonici si comportarono da eroi" ma, "anziché avere l'onore delle armi, furono inviati nei campi di concentramento di Fenestrelle e San Maurizio Canavese". A nessuno sfugge l'importanza di questo testo, perchè rivede giudizi aprioristici e chiusure - e lo fa in un sito Internet istituzionale - del passato. La storia è sempre revisione delle revisione, perchè è ridiscussione con occhi aggiornati di continuo, sulla scia di nuovi studi e riletture approfondite di documenti vecchi e nuovi, diceva qualcuno. E aveva ragione.</div><div><br /></div><div>Va invece guardata con favore la nuova sensibilità e la volontà di capire a 360 gradi la nostra storia, dimostrata dall'Arma dei Carabinieri. </div><div><br /></div><div>E, per chi voglia leggere direttamente il testo, il link (sperando che a nessuno venga voglia di rimuoverlo o modificarne il contenuto) è:</div><div>http://www.carabinieri.it/arma/ieri/storia/cc-nel-900-italiano/fascicolo-2/l%27alba-del-secolo---parte-1-1861-1900-pag-2?fbclid=IwAR3VFwNFz3YnFXRVMsFDefBkYWms2BPxUc3b202x1vS-o-sXOf1WUIpiOKM</div><div><br /></div><div>(Estratto da un articolo di Gigi Di Fiore - Il Mattino) </div></div>Unknownnoreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-283724742570293943.post-60977197405424776652019-03-19T14:26:00.001+01:002019-03-19T14:26:29.802+01:00La questione meridionale? Nasce con l’Unità d’Italia<p style="margin: 0px 0px 20px; padding: 0px; border: 0px; font-style: inherit; font-variant: inherit; font-weight: inherit; font-stretch: inherit; font-size: inherit; line-height: 1.5em; font-family: inherit; vertical-align: baseline;"><em style="margin: 0px; padding: 0px; border: 0px; font-style: italic; font-variant: inherit; font-weight: inherit; font-stretch: inherit; font-size: inherit; line-height: inherit; font-family: inherit; vertical-align: baseline;">Quando è iniziata la divaricazione tra Nord e Sud Italia? A favorirla sono state le politiche economiche dei primi governi dopo l'unificazione del paese. Ed è una lezione che andrebbe tenuta a mente ancora oggi, quando si parla di federalismo differenziato.</em></p> <p style="margin: 0px 0px 20px; padding: 0px; border: 0px; font-style: inherit; font-variant: inherit; font-weight: inherit; font-stretch: inherit; font-size: inherit; line-height: 1.5em; font-family: inherit; vertical-align: baseline;"><span id="more-58131" style="margin: 0px; padding: 0px; border: 0px; font: inherit; vertical-align: baseline;"></span></p> <p style="margin: 0px 0px 20px; padding: 0px; border: 0px; font-style: inherit; font-variant: inherit; font-weight: inherit; font-stretch: inherit; font-size: inherit; line-height: 1.5em; font-family: inherit; vertical-align: baseline;"><strong style="margin: 0px; padding: 0px; border: 0px; font-style: inherit; font-variant: inherit; font-weight: 800; font-stretch: inherit; font-size: inherit; line-height: inherit; font-family: Lucida, "Lucida Sans", "Lucida Grande", Verdana, Arial, Helvetica, sans-serif; vertical-align: baseline;">Dal Medioevo al Risorgimento</strong></p> <p style="margin: 0px 0px 20px; padding: 0px; border: 0px; font-style: inherit; font-variant: inherit; font-weight: inherit; font-stretch: inherit; font-size: inherit; line-height: 1.5em; font-family: inherit; vertical-align: baseline;">Lo scontro sul federalismo differenziato è solo l'ultima manifestazione della questione meridionale.</p> <p style="margin: 0px 0px 20px; padding: 0px; border: 0px; font-style: inherit; font-variant: inherit; font-weight: inherit; font-stretch: inherit; font-size: inherit; line-height: 1.5em; font-family: inherit; vertical-align: baseline;">Secondo diversi studiosi, l'origine dell'attuale divario economico tra Nord e Sud sarebbe da ricercare nella esperienza comunale medievale, che avrebbe aiutato il primo a sviluppare un maggiore<span> </span><a href="http://www.treccani.it/vocabolario/civismo/" target="_blank" rel="noopener" style="margin: 0px; padding: 0px; border: 0px; font: inherit; vertical-align: baseline; color: rgb(204, 51, 0); text-decoration: none; outline: 0px;">civismo</a><span> </span>e, quindi, mercati più competitivi e un'amministrazione più efficiente (Robert<span> </span><a href="https://press.princeton.edu/titles/5105.html" target="_blank" rel="noopener" style="margin: 0px; padding: 0px; border: 0px; font: inherit; vertical-align: baseline; color: rgb(204, 51, 0); text-decoration: none; outline: 0px;">Putnam e altri</a>). L'ipotesi è coerente con le altre spiegazioni del fenomeno: il maggiore potere delle élite latifondiste (Emanuele<span> </span><a href="https://www.ibs.it/perche-sud-rimasto-indietro-libro-emanuele-felice/e/9788815247926" target="_blank" rel="noopener" style="margin: 0px; padding: 0px; border: 0px; font: inherit; vertical-align: baseline; color: rgb(204, 51, 0); text-decoration: none; outline: 0px;">Felice</a>), la natura più marcatamente feudale (Antonio<span> </span><a href="https://www.classicistranieri.com/liberliber/Gramsci,%20Antonio/la_que_p.pdf" target="_blank" rel="noopener" style="margin: 0px; padding: 0px; border: 0px; font: inherit; vertical-align: baseline; color: rgb(204, 51, 0); text-decoration: none; outline: 0px;">Gramsci</a>) e la maggiore arretratezza tecnologica (Leopoldo<span> </span><a href="https://www.liberliber.it/mediateca/libri/f/franchetti/la_sicilia_nel_1876/pdf/franchetti_la_sicilia_nel_1876.pdf" target="_blank" rel="noopener" style="margin: 0px; padding: 0px; border: 0px; font: inherit; vertical-align: baseline; color: rgb(204, 51, 0); text-decoration: none; outline: 0px;">Franchetti e Sidney Sonnino</a>) che caratterizzava il Regno delle Due Sicilie rispetto agli altri stati preunitari<em style="margin: 0px; padding: 0px; border: 0px; font-style: italic; font-variant: inherit; font-weight: inherit; font-stretch: inherit; font-size: inherit; line-height: inherit; font-family: inherit; vertical-align: baseline;">.</em></p> <p style="margin: 0px 0px 20px; padding: 0px; border: 0px; font-style: inherit; font-variant: inherit; font-weight: inherit; font-stretch: inherit; font-size: inherit; line-height: 1.5em; font-family: inherit; vertical-align: baseline;">Per quanto attraente nella sua linearità, l'ipotesi risulta troppo semplicistica. Due recenti risultati chiariscono il perché. Serra<span> </span><a href="https://papers.ssrn.com/sol3/papers.cfm?abstract_id=2103601" target="_blank" rel="noopener" style="margin: 0px; padding: 0px; border: 0px; font: inherit; vertical-align: baseline; color: rgb(204, 51, 0); text-decoration: none; outline: 0px;">Boranbay e Carmine Guerriero<span> </span></a>mostrano che la correlazione tra il civismo di oggi e l'inclusività delle istituzioni politiche medievali svanisce se si considera il civismo passato. Mentre Giovanni<span> </span><a href="https://core.ac.uk/download/pdf/6555526.pdf" target="_blank" rel="noopener" style="margin: 0px; padding: 0px; border: 0px; font: inherit; vertical-align: baseline; color: rgb(204, 51, 0); text-decoration: none; outline: 0px;">Federico</a>, Carlo<span> </span><a href="https://onlinelibrary.wiley.com/doi/abs/10.1111/j.1468-0289.2011.00643.x" target="_blank" rel="noopener" style="margin: 0px; padding: 0px; border: 0px; font: inherit; vertical-align: baseline; color: rgb(204, 51, 0); text-decoration: none; outline: 0px;">Ciccarelli e Stefano Fenoaltea</a><span> </span>e Paolo<span> </span><a href="https://www.cambridge.org/core/journals/european-review-of-economic-history/article/long-decline-of-a-leading-economy-gdp-in-central-and-northern-italy-13001913/52BAD16ACF07A905EC89566D4C0CBF01" target="_blank" rel="noopener" style="margin: 0px; padding: 0px; border: 0px; font: inherit; vertical-align: baseline; color: rgb(204, 51, 0); text-decoration: none; outline: 0px;">Malanima<span> </span></a>documentano che i due blocchi erano parimenti sottosviluppati nel 1861, a causa della scarsità di capitale umano, capitale reale e infrastrutture.</p> <p style="margin: 0px 0px 20px; padding: 0px; border: 0px; font-style: inherit; font-variant: inherit; font-weight: inherit; font-stretch: inherit; font-size: inherit; line-height: 1.5em; font-family: inherit; vertical-align: baseline;">Sulla scia di tali risultati, in<span> </span><a href="https://www.sciencedirect.com/science/article/abs/pii/S0144818818302722" target="_blank" rel="noopener" style="margin: 0px; padding: 0px; border: 0px; font: inherit; vertical-align: baseline; color: rgb(204, 51, 0); text-decoration: none; outline: 0px;">de Oliveira e Guerriero<span> </span></a>mostriamo come gli attuali divari Nord-Sud si aprirono principalmente a causa delle politiche economiche dei primi governi postunitari. Dominati dall'élite settentrionale, che produsse l'85 per cento dei presidenti del consiglio, tutti i prefetti e il 60 per cento dei vertici amministrativi (Christopher<span> </span><a href="https://www.laterza.it/index.php?option=com_laterza&Itemid=100&task=schedalibro&isbn=9788858108086" target="_blank" rel="noopener" style="margin: 0px; padding: 0px; border: 0px; font: inherit; vertical-align: baseline; color: rgb(204, 51, 0); text-decoration: none; outline: 0px;">Duggan</a>), quei governi favorirono, tra le tredici regioni annesse dal Regno di Sardegna nel 1861, quelle più vicine ai confini militarmente più rilevanti per i Savoia e minarono civismo, capitale umano e crescita di quelle più distanti (figura 1).</p> <p style="margin: 0px 0px 20px; padding: 0px; border: 0px; font-style: inherit; font-variant: inherit; font-weight: inherit; font-stretch: inherit; font-size: inherit; line-height: 1.5em; font-family: inherit; vertical-align: baseline;"><strong style="margin: 0px; padding: 0px; border: 0px; font-style: inherit; font-variant: inherit; font-weight: 800; font-stretch: inherit; font-size: inherit; line-height: inherit; font-family: Lucida, "Lucida Sans", "Lucida Grande", Verdana, Arial, Helvetica, sans-serif; vertical-align: baseline;">Figura<span> </span></strong>– La rilevanza politica delle regioni annesse dal Regno di Sardegna</p> <p style="margin: 0px 0px 20px; padding: 0px; border: 0px; font-style: inherit; font-variant: inherit; font-weight: inherit; font-stretch: inherit; font-size: inherit; line-height: 1.5em; font-family: inherit; vertical-align: baseline;"><img class="aligncenter wp-image-58133" src="https://www.lavoce.info/wp-content/uploads/2019/03/guerriero1.png" alt="" style="margin: 0px auto; padding: 0px; border: 0px; font: inherit; vertical-align: baseline; display: block; max-width: 100%; height: auto;" width="351" height="389"></p> <p style="margin: 0px 0px 20px; padding: 0px; border: 0px; font-style: inherit; font-variant: inherit; font-weight: inherit; font-stretch: inherit; font-size: inherit; line-height: 1.5em; font-family: inherit; vertical-align: baseline;">Nota: Le regioni annesse dal Regno di Sardegna nel 1861 sono divise in tre gruppi a seconda della relativa rilevanza politica, definita come l'inverso della distanza tra la città principale della regione e la capitale del più temibile tra gli stati nemici dei Savoia: Vienna nei periodi 1801-1813, 1848-1881 e 1901-1914, e Parigi negli altri.</p> <p style="margin: 0px 0px 20px; padding: 0px; border: 0px; font-style: inherit; font-variant: inherit; font-weight: inherit; font-stretch: inherit; font-size: inherit; line-height: 1.5em; font-family: inherit; vertical-align: baseline;">La riforma protezionista del 1887, per esempio, non salvaguardò l'arboricoltura meridionale schiacciata dal declino dei prezzi internazionali degli anni Ottanta, ma protesse le industrie tessili e siderurgiche settentrionali sopravvissute al periodo liberista grazie alle commesse statali (Guido<span> </span><a href="https://www.laterza.it/index.php?option=com_laterza&Itemid=97&task=schedalibro&isbn=9788842054849" target="_blank" rel="noopener" style="margin: 0px; padding: 0px; border: 0px; font: inherit; vertical-align: baseline; color: rgb(204, 51, 0); text-decoration: none; outline: 0px;">Pescosolido</a>). Una logica simile guidò, poi, le bonifiche agrarie, l'assegnazione del monopolio del conio alla piemontese Banca Nazionale, l'affidamento dei monopoli nella costruzione e operazione di navi a vapore alle genovesi Rubattino e Accossato-Peirano-Danovaro e, soprattutto, la spesa pubblica nella rete ferroviaria (figura 2), che rappresentò il 53 per cento del totale tra il 1861 e il 1911 (Giovanni<span> </span><a href="https://www.bancaditalia.it/pubblicazioni/quaderni-storia/2011-0022/index.html?com.dotmarketing.htmlpage.language=1" target="_blank" rel="noopener" style="margin: 0px; padding: 0px; border: 0px; font: inherit; vertical-align: baseline; color: rgb(204, 51, 0); text-decoration: none; outline: 0px;">Iuzzolino e altri</a>).</p> <p style="margin: 0px 0px 20px; padding: 0px; border: 0px; font-style: inherit; font-variant: inherit; font-weight: inherit; font-stretch: inherit; font-size: inherit; line-height: 1.5em; font-family: inherit; vertical-align: baseline;"><strong style="margin: 0px; padding: 0px; border: 0px; font-style: inherit; font-variant: inherit; font-weight: 800; font-stretch: inherit; font-size: inherit; line-height: inherit; font-family: Lucida, "Lucida Sans", "Lucida Grande", Verdana, Arial, Helvetica, sans-serif; vertical-align: baseline;">Figura 2 –</strong><span> </span>Reddito, potere politico, tasse sulla proprietà fondiaria e strade ferrate</p> <p style="margin: 0px 0px 20px; padding: 0px; border: 0px; font-style: inherit; font-variant: inherit; font-weight: inherit; font-stretch: inherit; font-size: inherit; line-height: 1.5em; font-family: inherit; vertical-align: baseline;"><img class="aligncenter size-large wp-image-58134" src="https://www.lavoce.info/wp-content/uploads/2019/03/guerriero2-660x504.png" alt="" style="margin: 0px auto; padding: 0px; border: 0px; font: inherit; vertical-align: baseline; display: block; max-width: 100%; height: auto;" width="660" height="504"></p> <p style="margin: 0px 0px 20px; padding: 0px; border: 0px; font-style: inherit; font-variant: inherit; font-weight: inherit; font-stretch: inherit; font-size: inherit; line-height: 1.5em; font-family: inherit; vertical-align: baseline;">Nota: "GDP-L" è il reddito in lire pro capite del 1861, "Political-Power" rappresenta la percentuale di primi ministri nati nella regione. Mentre "Land-Taxes" è il gettito della tassa sulla proprietà fondiaria in lire pro capite del 1861, "Railway" indica la lunghezza delle strade ferrate costruite nel decennio precedente in km per km quadrato.</p> <p style="margin: 0px 0px 20px; padding: 0px; border: 0px; font-style: inherit; font-variant: inherit; font-weight: inherit; font-stretch: inherit; font-size: inherit; line-height: 1.5em; font-family: inherit; vertical-align: baseline;">Fonte: de Oliveira e Guerriero (2018)</p> <p style="margin: 0px 0px 20px; padding: 0px; border: 0px; font-style: inherit; font-variant: inherit; font-weight: inherit; font-stretch: inherit; font-size: inherit; line-height: 1.5em; font-family: inherit; vertical-align: baseline;">A peggiorare la situazione, quell'investimento pubblico fu in buona parte finanziato da imposte sulla proprietà fondiaria altamente squilibrate. La riforma del 1864 fissò, infatti, un "contingente" di 125 milioni da raccogliere per il 10 per cento dall'ex Stato pontificio, per il 40 per cento dall'ex Regno delle Due Sicilie e per il 21 per cento (29 per cento) dall'ex Regno di Sardegna (resto del Regno d'Italia) (figura 2). Date le differenze tra i catasti regionali e la conseguente impossibilità di stimare la redditività agraria, queste politiche fiscali, insieme alla mancanza di un efficiente sistema bancario, ebbero al Sud conseguenze estremamente negative sugli investimenti privati (Giannino<span> </span><a href="http://www.catalogobibliotecheliguri.it/opaclib/opac/cbl/scheda_sim.jsp?sim_bid=LO10098143&pager.offset=0&bid=UFI0226510" target="_blank" rel="noopener" style="margin: 0px; padding: 0px; border: 0px; font: inherit; vertical-align: baseline; color: rgb(204, 51, 0); text-decoration: none; outline: 0px;">Parravicini</a>), nonostante la perequazione avviata nel 1886. Nei decenni successivi, un fiorente settore manifatturiero si affermò nel Settentrione, mentre il connubio tra limitata spesa pubblica e alta tassazione compromise, nel resto della penisola, l'agricoltura orientata all'esportazione, il settore industriale e la relazione stessa tra cittadini e stato (figura 3), come suggeriscono le 150 mila vittime del brigantaggio e l'emigrazione di massa di inizio Novecento (Vera<span> </span><a href="https://global.oup.com/academic/product/the-economic-history-of-italy-1860-1990-9780198287735?cc=it&lang=en&" target="_blank" rel="noopener" style="margin: 0px; padding: 0px; border: 0px; font: inherit; vertical-align: baseline; color: rgb(204, 51, 0); text-decoration: none; outline: 0px;">Zamagni</a>).</p> <p style="margin: 0px 0px 20px; padding: 0px; border: 0px; font-style: inherit; font-variant: inherit; font-weight: inherit; font-stretch: inherit; font-size: inherit; line-height: 1.5em; font-family: inherit; vertical-align: baseline;"><strong style="margin: 0px; padding: 0px; border: 0px; font-style: inherit; font-variant: inherit; font-weight: 800; font-stretch: inherit; font-size: inherit; line-height: inherit; font-family: Lucida, "Lucida Sans", "Lucida Grande", Verdana, Arial, Helvetica, sans-serif; vertical-align: baseline;">Le politiche dopo l'unificazione</strong></p> <p style="margin: 0px 0px 20px; padding: 0px; border: 0px; font-style: inherit; font-variant: inherit; font-weight: inherit; font-stretch: inherit; font-size: inherit; line-height: 1.5em; font-family: inherit; vertical-align: baseline;">Nel nostro lavoro, ci siamo focalizzati sul periodo 1861-1911, nel quale le politiche economiche variarono a livello regionale. L'economia nazionale era allora prettamente agraria, perciò abbiamo scelto come misura diretta dell'imposizione fiscale il gettito delle tasse sulla proprietà fondiaria pro capite in lire del 1861 e lo abbiamo messo in relazione con la produttività dell'agricoltura orientata all'esportazione, a una misura inversa dei costi di esazione e alla misura inversa della rilevanza politica (figura 1).</p> <p style="margin: 0px 0px 20px; padding: 0px; border: 0px; font-style: inherit; font-variant: inherit; font-weight: inherit; font-stretch: inherit; font-size: inherit; line-height: 1.5em; font-family: inherit; vertical-align: baseline;">Le nostre stime mostrano che, prima dell'unificazione, la tassazione diminuiva con la produttività agricola di ciascuna regione, ma non era legata alla sua rilevanza politica. Dopo il 1861 è vero il contrario. I risultati sono coerenti con il maggiore potere militare, e quindi impositivo, dello stato postunitario. Inoltre, le variazioni nella tassazione (misurate dalla differenza tra gettito pro capite postunitario e quello previsto attraverso le stime preunitarie) e il peso delle altre politiche impositive sono legati a un maggiore deterioramento del civismo, a un più lento calo dell'analfabetismo e a una minore crescita (figura 3).</p> <p style="margin: 0px 0px 20px; padding: 0px; border: 0px; font-style: inherit; font-variant: inherit; font-weight: inherit; font-stretch: inherit; font-size: inherit; line-height: 1.5em; font-family: inherit; vertical-align: baseline;"><strong style="margin: 0px; padding: 0px; border: 0px; font-style: inherit; font-variant: inherit; font-weight: 800; font-stretch: inherit; font-size: inherit; line-height: inherit; font-family: Lucida, "Lucida Sans", "Lucida Grande", Verdana, Arial, Helvetica, sans-serif; vertical-align: baseline;">Figura 3</strong><span> </span>– L'origine unitaria dell'attuale divario economico tra Nord e Sud Italia</p> <p style="margin: 0px 0px 20px; padding: 0px; border: 0px; font-style: inherit; font-variant: inherit; font-weight: inherit; font-stretch: inherit; font-size: inherit; line-height: 1.5em; font-family: inherit; vertical-align: baseline;"><img class="aligncenter size-large wp-image-58135" src="https://www.lavoce.info/wp-content/uploads/2019/03/guerriero3-660x494.png" alt="" style="margin: 0px auto; padding: 0px; border: 0px; font: inherit; vertical-align: baseline; display: block; max-width: 100%; height: auto;" width="660" height="494"></p> <p style="margin: 0px 0px 20px; padding: 0px; border: 0px; font-style: inherit; font-variant: inherit; font-weight: inherit; font-stretch: inherit; font-size: inherit; line-height: 1.5em; font-family: inherit; vertical-align: baseline;">Nota: "Distorsion-LT" è la stima delle distorsioni nei livelli della tassazione della proprietà fondiaria in lire pro capite del 1861, "Distorsion-R" rappresenta quella delle distorsioni nella lunghezza delle strade ferrate costruite nel decennio precedente in km per km quadrato. "Culture-N" è la percentuale di popolazione attiva impegnata in attività politiche, sindacali e religiose, "Illiterates-N" indica la percentuale degli analfabeti nella popolazione oltre i sei anni. Le due ultime misure sono normalizzate in modo che la loro media nel 1861 sia 1.</p> <p style="margin: 0px 0px 20px; padding: 0px; border: 0px; font-style: inherit; font-variant: inherit; font-weight: inherit; font-stretch: inherit; font-size: inherit; line-height: 1.5em; font-family: inherit; vertical-align: baseline;">Fonte: de Oliveira e Guerriero (2018)</p> <p style="margin: 0px 0px 20px; padding: 0px; border: 0px; font-style: inherit; font-variant: inherit; font-weight: inherit; font-stretch: inherit; font-size: inherit; line-height: 1.5em; font-family: inherit; vertical-align: baseline;">Va poi escluso che quelle politiche fiscali fossero l'inevitabile prezzo per partecipare alla seconda rivoluzione industriale (Rosario<span> </span><a href="http://www.libreriascarpignato.net/index/prodotto/litalia-liberale-sviluppo-e-contraddizioni/" target="_blank" rel="noopener" style="margin: 0px; padding: 0px; border: 0px; font: inherit; vertical-align: baseline; color: rgb(204, 51, 0); text-decoration: none; outline: 0px;">Romeo</a>). In primo luogo, non hanno modificato il valore aggiunto del settore manifatturiero. In secondo luogo, mentre l'investimento ferroviario preunitario fu guidato dal bisogno di trasportare grano, quello postunitario fu determinato solo dalla rilevanza politica (figura 3) e fu inutile nella creazione di un mercato interno che assorbisse le produzioni più penalizzate dal calo della domanda internazionale.</p> <p style="margin: 0px 0px 20px; padding: 0px; border: 0px; font-style: inherit; font-variant: inherit; font-weight: inherit; font-stretch: inherit; font-size: inherit; line-height: 1.5em; font-family: inherit; vertical-align: baseline;">Dalla dinamica istituzionale che ha caratterizzato l'inizio della nostra storia unitaria si può dunque trarre una lezione utile ancora oggi: politiche economiche che favoriscono solo una parte del paese possono avere un impatto drammatico e duraturo sulle scelte del resto della nazione.</p> <p style="margin: 0px 0px 20px; padding: 0px; border: 0px; font-style: inherit; font-variant: inherit; font-weight: inherit; font-stretch: inherit; font-size: inherit; line-height: 1.5em; font-family: inherit; vertical-align: baseline;"><br> </p> <p style="margin: 0px 0px 20px; padding: 0px; border: 0px; font-style: inherit; font-variant: inherit; font-weight: inherit; font-stretch: inherit; font-size: inherit; line-height: 1.5em; font-family: inherit; vertical-align: baseline;">BIO DELL'AUTORE<br> <br> GUILHERME DE OLIVEIRA<br> Columbia Law School <br> <br> CARMINE GUERRIERO<br> Carmine Guerriero è "Rita Levi-Montalcini" RTDb al DSE dell'Università di Bologna e si è occupato sinora delle determinati delle istituzioni legali, regolamentari e politiche. Ha ottenuto il suo PhD in Economia dall'Università di Cambridge nel 2010. Dal 2009 al 2015 è stato Assistant Professor e Program Director all'ACLE (University of Amsterdam). Inoltre, dal 2012 è associate editor della International Review of Law and Economics, dal 2014 Co-Primary Investigator del progetto Nomography e dal 2019 co-editor dei Cambridge Elements in "Law, Economics and Policy." Infine, ha ricevuto l'"EARIE Paul Geroski" award prize nel 2007, l'"Hans-Jurgen-Ewers" Prize nel 2011 e il premio "Rita Levi-Montalcini" nel 2016 e ha pubblicato sul Journal of Law and Economics, Journal of Comparative Economics, e Oxford Journal of Legal Studies.<br> </p> <br> <p style="margin: 0px 0px 20px; padding: 0px; border: 0px; font-style: inherit; font-variant: inherit; font-weight: inherit; font-stretch: inherit; font-size: inherit; line-height: 1.5em; font-family: inherit; vertical-align: baseline;"><em style="margin: 0px; padding: 0px; border: 0px; font-style: italic; font-variant: inherit; font-weight: inherit; font-stretch: inherit; font-size: inherit; line-height: inherit; font-family: inherit; vertical-align: baseline;">Articolo pubblicato su lavoce.info il 19/3/2019<br> </em></p> <p style="margin: 0px 0px 20px; padding: 0px; border: 0px; font-style: inherit; font-variant: inherit; font-weight: inherit; font-stretch: inherit; font-size: inherit; line-height: 1.5em; font-family: inherit; vertical-align: baseline;"><em style="margin: 0px; padding: 0px; border: 0px; font-style: italic; font-variant: inherit; font-weight: inherit; font-stretch: inherit; font-size: inherit; line-height: inherit; font-family: inherit; vertical-align: baseline;"><a class="moz-txt-link-freetext" href="https://www.lavoce.info/archives/58131/la-questione-meridionale-nasce-con-lunita-ditalia/">https://www.lavoce.info/archives/58131/la-questione-meridionale-nasce-con-lunita-ditalia/</a></em></p> <div id="DAB4FAD8-2DD7-40BB-A1B8-4E2AA1F9FDF2"><br /> <table style="border-top: 1px solid #D3D4DE;"> <tr> <td style="width: 55px; padding-top: 18px;"><a href="https://www.avast.com/sig-email?utm_medium=email&utm_source=link&utm_campaign=sig-email&utm_content=emailclient" target="_blank"><img src="https://ipmcdn.avast.com/images/icons/icon-envelope-tick-round-orange-animated-no-repeat-v1.gif" alt="" width="46" height="29" style="width: 46px; height: 29px;" /></a></td> <td style="width: 470px; padding-top: 17px; color: #41424e; font-size: 13px; font-family: Arial, Helvetica, sans-serif; line-height: 18px;">Mail priva di virus. <a href="https://www.avast.com/sig-email?utm_medium=email&utm_source=link&utm_campaign=sig-email&utm_content=emailclient" target="_blank" style="color: #4453ea;">www.avast.com</a> </td> </tr> </table> <a href="#DAB4FAD8-2DD7-40BB-A1B8-4E2AA1F9FDF2" width="1" height="1"> </a></div>Unknownnoreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-283724742570293943.post-847694722069385222018-08-29T17:35:00.001+02:002018-08-29T17:47:39.486+02:00Questione meridionale, problema di tutta l’Italia<span style="font-family: "helvetica" , "arial" , sans-serif;"><i>La scarsa produttività del lavoro nel Sud è dovuta anche a problemi strutturali. La strategia più efficace è dunque una politica di investimenti per migliorare capitale umano, efficienza della burocrazia e trasporti, oltre al rispetto delle regole.</i><i><br /> </i><br /> <br /> <b>Vent'anni di bassa crescita</b><br /> <br /> Nell'ultimo ventennio, l'economia italiana ha registrato risultati deludenti, in assoluto e nella comparazione internazionale (tabella 1).<br /> <br /> Tabella 1 – Pil in termini reali (vma %)<br /> </span><br />
<span style="clear: left; float: left; font-family: "helvetica" , "arial" , sans-serif; margin-bottom: 1em; margin-right: 1em;"></span><br />
<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;">
<a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEjK0YlEvd2_tc_rS4EIZzrodRk60AZLRSp_mpMgXldPnWrgdEt5T8o_FMao3pSHuOggQXilUlr8XGgk6VB3DpGp-FmLjxm2mWVj3EyJ2y6xndV-eJmCiIC26VxXh3YSLPyYXpadhzES8Qea/s1600/Tab1.png" imageanchor="1" style="clear: left; float: left; margin-bottom: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" data-original-height="291" data-original-width="660" height="281" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEjK0YlEvd2_tc_rS4EIZzrodRk60AZLRSp_mpMgXldPnWrgdEt5T8o_FMao3pSHuOggQXilUlr8XGgk6VB3DpGp-FmLjxm2mWVj3EyJ2y6xndV-eJmCiIC26VxXh3YSLPyYXpadhzES8Qea/s640/Tab1.png" width="640" /></a></div>
<span style="clear: left; float: left; font-family: "helvetica" , "arial" , sans-serif; margin-bottom: 1em; margin-right: 1em;"><br />Fonte: Annual Macro-Economic Database of the European Commission (Ameco).<br /> <br /> Conviene ricordarlo anche per raffreddare entusiasmi eccessivi dopo il ritorno alla crescita oltre l'1,5 per cento, come accaduto nell'ultimo quarto dello scorso anno, a prescindere dal verosimile nuovo rallentamento che potrebbe manifestarsi già a inizio 2018.Fonte: Annual Macro-Economic Database of the European Commission (Ameco).<br /> <br /> La tendenza a risultati peggiori degli altri paesi è distribuita in modo omogeneo lungo le diverse fasi di crescita-recessione-crescita, come si vede nella tabella 1. Infatti, il semplice calcolo dello scarto tra variazione media del Pil in Italia rispetto all'Unione europea nei diversi periodi evidenzia una penalizzazione del nostro paese che è pari all'1 per cento medio annuo nel primo periodo, si acuisce all'1,5 per cento durante la crisi e ritorna all'1,1 per cento durante l'ultima fase di ripresa.<br /> Il che di per sé indica un problema nella struttura del nostro sistema socio-economico: appare in qualche misura indifferente alle fasi del ciclo, comportandosi peggio in modo costante rispetto al resto dell'Europa (e del mondo).<br /> <br /> Il problema è la produttività totale dei fattori, cioè quella parte di prodotto che non è spiegata dall'impiego di lavoro e capitale dentro il motore del sistema come, per esempio, calcolato dalla Commissione europea (tabella 2).<br /> <br /> Tabella 2 – Produttività totale dei fattori – (vma %)</span><span style="clear: left; float: left; font-family: "helvetica" , "arial" , sans-serif; margin-bottom: 1em; margin-right: 1em;"> <a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEiI7cQ2S-aEaXUetAidUwcP-mfSd0Mx312nCK2JGvFsu8rrsRYAiIQ0CRyc_fyQODfGKcNAsVtYHmlNZVM6Pd_S60fDQu_vMpkE8EuxRFm0oRDehnEdEIpe_6o0RHi97eZxUfj_0xWweABY/s1600/Tab2.png" imageanchor="1" style="clear: left; float: left; margin-bottom: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" data-original-height="75" data-original-width="660" height="72" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEiI7cQ2S-aEaXUetAidUwcP-mfSd0Mx312nCK2JGvFsu8rrsRYAiIQ0CRyc_fyQODfGKcNAsVtYHmlNZVM6Pd_S60fDQu_vMpkE8EuxRFm0oRDehnEdEIpe_6o0RHi97eZxUfj_0xWweABY/s640/Tab2.png" width="640" /></a> </span><br />
<span style="font-family: "helvetica" , "arial" , sans-serif;"><br /> Fonte: Annual Macro-Economic Database of the European Commission (Ameco); i dati relativi a Giappone, Australia e Canada non sono stati inclusi perché non disponibili nel periodo considerato nell'analisi empirica.<br /> <br /> In un nostro recente lavoro, con dati regionali per l'Italia, abbiamo stimato un modello dove si è ipotizzato che la Ptf dipenda da quattro indici che misurano, rispettivamente, la qualità del capitale umano, l'accessibilità infrastrutturale, il livello di carico burocratico e il livello di illegalità. Questi indici spiegano le accelerazioni o i ritardi di produttività che non sono colti dallo stock di capitale produttivo e dall'occupazione. Nella figura 1 si riportano le dinamiche stimate per la Ptf per le quattro ripartizioni geografiche.<br /> <br /> Figura 1 – La Ptf per le macroaree italiane nel periodo 1996-2017<br /> </span><br />
<span style="font-family: "helvetica" , "arial" , sans-serif;"><br /></span>
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<a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEjuQv2JKllTdZXxhYnqSDpWQ9Z6vQsJ7o6_cLukzwt5hwh9zEs8ym41VNhLUO-_EO2XOKWPD_SJQZmlEhyphenhyphenoQypmLE0Uvsw2hwRfWqNUahrSCloN3hvqZDFQ5fV7Fok-0vbd6If7CG0Q20Gg/s1600/Fig1.png" imageanchor="1" style="clear: left; float: left; margin-bottom: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" data-original-height="350" data-original-width="660" height="338" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEjuQv2JKllTdZXxhYnqSDpWQ9Z6vQsJ7o6_cLukzwt5hwh9zEs8ym41VNhLUO-_EO2XOKWPD_SJQZmlEhyphenhyphenoQypmLE0Uvsw2hwRfWqNUahrSCloN3hvqZDFQ5fV7Fok-0vbd6If7CG0Q20Gg/s640/Fig1.png" width="640" /></a></div>
<span style="clear: left; float: left; font-family: "helvetica" , "arial" , sans-serif; margin-bottom: 1em; margin-right: 1em;"><br />Elaborazione e stime Ufficio studi Confcommercio su dati Istat e Ameco.<br /> <br /> <b><br /> Politiche per il Sud</b><br /> <br /> Premesso che le nostre stime aggregate per l'Italia indicano una dinamica della Ptf più piatta di quella evidenziata dai calcoli della Commissione europea, sembra emergere una divaricazione territoriale radicale nel Mezzogiorno rispetto al resto del paese. Se queste stime sono attendibili, hanno implicazioni decisive in termini di politiche.<br /> Per esempio, Tito Boeri in un recente articolo su lavoce.info evidenzia che in media i differenziali di produttività del lavoro tra un'azienda in Lombardia e una in Sicilia sono intorno al 30 per cento, mentre le differenze nei salari nominali a parità di qualifiche e nello stesso settore sono nell'ordine del 5 per cento. Di conseguenza, per rendere più competitive le aziende meridionali, Boeri suggerisce di adottare politiche che portino i salari in linea con i livelli di produttività locali.<br /> I risultati del nostro esercizio portano a indicazioni differenti. Poiché le cause della scarsa produttività del lavoro nel Sud sono imputabili in larga misura alla produttività totale dei fattori – cioè a inefficienze strutturali, materiali e non – una politica di investimenti diretta a migliorare il capitale umano, l'efficienza burocratica, il sistema dei trasporti e ad accrescere il rispetto delle regole, costituirebbe una strategia più efficace della deflazione salariale.<br /> Già Paolo Sylos Labini insisteva sui divari civili tra Nord e Sud, alludendo a disfunzioni più profonde di quelle meramente economiche – il cui processo emendativo non potrebbe certo passare dall'assistenzialismo. Se ripensiamo alle sue suggestioni, che senso avrebbe equalizzare il salario reale alla produttività del lavoro quando questa è strutturalmente inadeguata (anche) in ragione di un contesto deteriorato in modo intollerabile? Suonerebbe come una condanna all'emarginazione, seppure in nome dell'efficienza economica.<br /> <br /> <i>20.08.18<br /> Mariano Bella e Silvio Di Sanzo<br /> <a class="moz-txt-link-freetext" href="http://www.lavoce.info/archives/53226/questione-meridionale-problema-di-tutta-litalia/">http://www.lavoce.info/archives/53226/questione-meridionale-problema-di-tutta-litalia/</a><br /> </i></span> <br />
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Unknownnoreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-283724742570293943.post-55113916521777256902018-08-29T11:50:00.001+02:002018-08-29T12:17:51.000+02:00CONTRO LA SECESSIONE CON SCASSO DEL VENETO BISOGNA FIRMARE, PERCHÈ…/ di Pino Aprile<span style="font-family: Helvetica, Arial, sans-serif;">Contro un vero e proprio colpo di Stato nelle vesti inoffensive del "federalismo differenziato" (finché non si spiega di cosa di tratta), insorge la parte più attenta e consapevole del nostro mondo accademico. Che almeno si sappia cosa stanno facendo e come Veneto e Lombardia (cui, zitta zita, si è aggiunta l'Emilia Romagna e, a seguire, altre Regioni, incluse alcune del Sud che non hanno capito niente, non potendo credere che possano essere complici sino a tal punto): chiedono il trasferimento di competenze e risorse, dallo Stato centrale alle Regioni, per far fronte a bisogni comuni, collegate, però, non al pari diritto di ogni cittadino italiano, ma al gettito fiscale del territorio, ovvero, alla ricchezza. In tal modo, i ricchi avrebbero sempre di più e i poveri sempre di meno, per necessità uguali per tutti.<br /> <br /> .<br /> <br /> Proponente dell'appello ai presidenti della Repubblica, delle Camere, ai parlamentari, ai cittadini tutti, è il professor Gianfranco Viesti, docente di economia cui si devono gli studi più interessanti degli ultimi decenni sulla Questione meridionale, e una serie di libri destinati non solo alla circolazione accademica, ma soprattutto al grande pubblico, perché sia alla portata di tutti la conoscenza delle ragioni vere e dei modi di creazione e mantenimento del divario Nord-Sud (uno per tutti: "Il Sud vive sulle spalle dell'Italia che produce. Falso").<br /> <br /> Viesti è uno dei maggiori esperti di sviluppo regionale, disciplina utile ai governi non orientati geograficamente, come i nostri, perché aiuta a gestire le risorse in modo che le aree che marciano non siano frenate e quelle che, per ragioni storiche o altro, sono state rallentate, possano recuperare.<br /> <br /> Per come si sono mossi i governi italiani da un secolo e mezzo, salvo pochi, straordinari ma brevi periodi (non a caso i migliori di sempre), questa difficile ma fondamentale disciplina potrebbe non esistere, da noi. Sembra quasi sovversiva, mirando all'equità!<br /> <br /> È compito dei "chierici" onesti esaminare, proporre, discutere e, ove serva, intervenire. Il nostro grazie ai docenti che non si sottraggono al dovere di cittadini che non si limitano ad agire in ambito accademico, ma estendono il loro impegno nella società. Cosa che può aver fastidiose conseguenze, a volte (per le cattedre in "Tutta colpa del Sud", invece, si aprono autostrade).<br /> <br /> La scellerata azione della Lega per scappare dall'Italia fregando la cassa è giunta all'ultima tappa: presidenti leghisti dovrebbero essere contrastati nelle loro esagerazioni, da una ministra leghista e veneta alle Regioni, che proclama quale scopo della sua azioni, l'autonomia-secessione dei ricchi. La cosa, poi, dovrebbe essere votata dal Parlamento, cui però non sarà consentita la discussione, né tanto meno, la possibilità di presentare emendamenti, correzioni: sui decreti del governo, si può solo dire "sì" o "no". E se vincesse il no, cadrebbe il governo.<br /> <br /> I secessionisti pretenderebbero di "andarsene, restando", ovvero, tenersi i soldi, ma continuando a riceverne dallo Stato, perché vogliono una "autonomia" totale, senza tagliare l'ultimo filo. Insomma, la secessione senza la secessione, per conservare tutti i vantaggi di un Paese formalmente unito (un mercato ampio, grandi appalti pubblici, flussi fiscali del gas, del petrolio, dell'energia prodotti al Sud, peso politico nel mondo…), lasciando tutti gli svantaggi agli altri.<br /> <br /> I rappresentanti delle istituzioni non possono tacere dinanzi a questo o la responsabilità storica delle conseguenze graverà sulla loro coscienza (o almeno sui loro nomi).<br /> <br /> Il troppo è troppo! Ognuno di noi dovrebbe firmare questo appello.<br /> <br /> Chi vuole che il Paese resti uno, non può tollerare che l'egoismo di pochi distrugga la Patria di tutti. Un Paese unito è l'esatto contrario dell'Italia come è stata fatta e tanto peggio come la vogliono ridurre i lanzichenecchi leghisti (con l'appoggio più o meno dichiarato dei rappresentanti del Nord degli altri partiti, dal centrodestra al centrosinistra e M5S).<br /> <br /> Chi ritiene che di connazionali del genere meglio fare a meno e pensa che tanto vale smettere di fingere di avere un'Italia unita e riprendersi ognuno la propria autonomia, non può accettare che la cosa avvenga con l'ultimo saccheggio: prima si fanno i conti, poi ognuno si regola come vuole.<br /> <br /> Chi considera che le cose non stiano, per fortuna, a questo punto, non può accettare che la furia predatoria dei soliti noti e pure più ricchi (grazie all'inondazione di risorse pubbliche sottratte al resto del Paese) esaperi le condizioni di convivenza al punto tale da renderla insopportabile.<br /> <br /> Firmiamo. E che questa gentaglia abbia finalmente la lezione che si merita.</span> <br />
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Unknownnoreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-283724742570293943.post-85342834075338481792018-02-25T01:50:00.001+01:002018-02-25T01:50:44.917+01:00Promesse elettorali: programma del Partito DemocraticoDIAMO PIÙ FORZA AL MEZZOGIORNO CHE RIPARTE<p>Pubblicato il 5 febbraio 2018 in Investire sull'Italia<p>Colmare il divario tra Nord e Sud e garantire uguali opportunità ai cittadini delle diverse aree del Paese è la condizione per una ripresa duratura dello sviluppo. Il Mezzogiorno è il luogo dove attivare il potenziale di crescita inespresso e accelerare la ripresa: ce lo insegna la storia d'Italia, ce lo suggerisce l'attualità.<p>Il Sud è uscito finalmente dalla crisi, la più lunga del dopoguerra. Come certificano i rapporti Svimez, nel 2016 per il secondo anno consecutivo la sua economia ha fatto registrare un tasso di crescita maggiore rispetto a quello del Centro-Nord, con buone prospettive che i primi dati disponibili confermano per il 2017 e che nelle previsioni si prospettano anche per il 2018.<p>Il mercato del lavoro ha registrato segnali di ripresa che hanno consentito di recuperare negli ultimi tre anni 300.000 posti di lavoro. Investimenti, produzione industriale ed esportazioni crescono a tassi significativi, seppure con dinamiche regionali differenziate.<p>Indicatori positivi che sono il segno della vivacità di imprese e lavoratori, ma anche il frutto delle politiche avviate dai nostri governi. Politiche che hanno configurato una strategia coerente per ricostruire e allargare la base produttiva: dagli investimenti pubblici in infrastrutture, ambiente e cultura contenuti nei Patti per il Sud – oltre un terzo degli interventi sono già in esecuzione (8,8 miliardi di euro) o in corso di affidamento (5,2 miliardi) – fino al credito d'imposta per i nuovi investimenti (4 miliardi di investimenti generati nel 2017), dal sostegno all'imprenditorialità giovanile ("Resto al Sud") e innovativa ai grandi contratti di sviluppo, dal prolungamento degli sgravi contributivi per le nuove assunzioni all'istituzione delle Zone economiche speciali nelle principali realtà portuali e retroportuali.<p>Quest'ultimo è uno strumento che, attraverso le facilitazioni fiscali e le semplificazioni amministrative, può raggiungere risultati importanti per attrarre investimenti, consolidare il tessuto produttivo e favorire l'internazionalizzazione, anche sfruttando le opportunità fornite dalla "Nuova Via della Seta".<p>Senza dimenticare strumenti come Impresa 4.0 e la leva energetica, opportunità straordinarie per il rilancio del manifatturiero. Certo, le ferite della Grande Recessione non si possono dire sanate: il gap di prodotto e occupazione rispetto al resto del Paese e dell'Europa resta ancora ampio e il lavoro è sì ripartito ma resta distante dai livelli, già non soddisfacenti, degli anni pre-crisi.<p>Sono purtroppo ancora elevati i divari sociali, generazionali e di genere, di sapere, cittadinanza e opportunità. La ripresa non è ancora in grado di rispondere a tutte le domande di un'emergenza sociale che resta allarmante.<p>Tuttavia, la dinamica positiva degli ultimi anni testimonia che l'opera di rilancio che abbiamo avviato sta dando risultati: cresce la capacità degli investimenti pubblici di generare reddito e occupazione. Ecco perché dobbiamo impegnarci a cogliere fino in fondo le opportunità dei fondi UE 2014-2020 e accelerare l'esecuzione degli interventi previsti nei Patti per il Sud, anche attuando la clausola per il riequilibrio territoriale della spesa pubblica ordinaria in conto capitale, che deve garantire al Sud il 34% degli investimenti pubblici complessivi.<p>Una clausola che consentirà alle risorse della coesione di essere realmente addizionali e aggiuntive, così da innescare una dinamica duratura di convergenza.<p>Che cosa serve al Mezzogiorno perché base produttiva e occupazione continuino a crescere a ritmi compatibili con l'obiettivo di ridurre i divari e fronteggiare i problemi sociali? Serve ciò che serve all'Italia intera ma con alcune specificazioni: più intensità e più attenzione alle condizioni di contesto.<p>Più intensità vuol dire, per esempio, riconoscere il peso maggiore delle diseconomie di questo territorio, anche sociali, che richiedono una declinazione specifica in termini di interventi e politiche. Vuol dire allocare risorse pubbliche in misura prevalente per il Sud come avviene per i Contratti di sviluppo.<p>Vuol dire prevedere riserve e addizionalità per gli strumenti di politica industriale nazionale (come Impresa 4.0), poiché per ragioni strutturali le imprese del Sud hanno in partenza svantaggi che ne rendono più complesso l'accesso. Vuol dire modulare le politiche pubbliche generali tenendo conto degli effetti differenziati nei territori, ad esempio per scuola e università.<p>Il principale nemico del Sud resta l'assistenzialismo e la suggestione di politiche che non risolleverebbero affatto le condizioni di quest'area nel cuore del Mediterraneo, strategica per il Paese e l'Europa.<p>Occorrono maggiore qualità, trasparenza ed efficacia della Pubblica amministrazione; un sistema giudiziario più veloce ed efficiente; un miglioramento degli standard dell'istruzione e della sanità; un rafforzamento della rete infrastrutturale, dagli aeroporti alle ferrovie, dalle strade alla intermodalità; un investimento sull'accesso alle nuove tecnologie; un welfare in grado di sostenere l'occupazione femminile; politiche del lavoro calibrate per arrestare l'emigrazione dei giovani e favorire il reinserimento di chi non lavora; un piano per arginare lo spopolamento delle aree interne.<p>Tutti settori in cui è fondamentale una declinazione delle politiche nazionali in azioni specifiche per il Sud. Molte misure di carattere sociale, come il reddito d'inclusione, hanno una forte rilevanza per il Mezzogiorno. È questo che serve al Sud: politiche che puntino al rafforzamento del capitale umano.<p>Dagli asili nido al tempo pieno nelle scuole, dal contrasto alla povertà educativa al diritto allo studio, fino alla formazione più avanzata. E ancora investimenti in innovazione e ricerca. Il tutto in un quadro di promozione e tutela della legalità, per sconfiggere le mafie e la corruzione.<p>Nelle principali leve di rilancio dell'Italia, il Sud è la grande opportunità del Paese con le sue potenzialità e i suoi vantaggi competitivi: l'agroalimentare, cui ridare slancio con strumenti come la banca delle terre incolte, e la cultura, partendo da Matera capitale europea nel 2019 e dal Grande Progetto Pompei, due tra gli esempi più lampanti.<p>Da qui dobbiamo proseguire per rilanciare in via definitiva il Sud. E farlo in una prospettiva mediterranea. Prospettiva di cui finora abbiamo subito soltanto i contraccolpi negativi, lasciando ad altri i non pochi vantaggi che potrebbero discendere dalla nostra collocazione geografica. Mettere il Sud al centro di una strategia di sviluppo nazionale è il modo per riportare l'Italia a essere protagonista nel mondo.<p>In sintesi, per la prossima legislatura ci impegniamo lungo queste linee di intervento:<p>accelerazione e sviluppo degli interventi – infrastrutture, ambiente, attrattori culturali, contratti di sviluppo – predisposti nei Patti per il Sud;intensificazione al Sud delle principali misure di politica industriale, in particolare le misure di Impresa 4.0, e attuazione delle Zone economiche speciali;garanzia dell'effettiva addizionalità degli interventi della politica di coesione attraverso l'applicazione rigorosa della clausola del 34% per gli stanziamenti in conto capitale ordinario.<p>A queste si aggiungono naturalmente le ricadute positive sul Mezzogiorno che deriveranno dalle altre misure del programma, in particolare le misure per la crescita economica e per il rafforzamento del sistema di welfare, per il contrasto alla povertà educativa nelle aree marginali, per lo sviluppo dei servizi all'infanzia e dell'università al fine di ridurre i divari territoriali.<p><a href="https://programma2018.partitodemocratico.it/investimenti/mezzogiorno/">https://programma2018.partitodemocratico.it/investimenti/mezzogiorno/</a>Unknownnoreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-283724742570293943.post-66395324693965326632017-03-09T16:34:00.000+01:002017-03-09T16:35:15.404+01:00Nord e Sud divisi anche dalle infrastrutture<font face="Helvetica, Arial, sans-serif">Calano gli investimenti a Sud<br> <br> Il disastro ferroviario tra Corato e Andria di metà luglio ha drammaticamente portato sulle prime pagine dei giornali un aspetto del divario Nord-Sud spesso trascurato, quello nella dotazione infrastrutturale. Le differenze sono riassunte nell'indice di dotazione fisica di infrastrutture, elaborato dall'Istituto Guglielmo Tagliacarne: nel 2009 per il Sud era pari a poco più di 80 contro una media di oltre 110 per il Centro-Nord. A partire dal 1992, si è assistito a un ridimensionamento dei flussi di investimenti in infrastrutture nel Mezzogiorno (si veda grafico) che ha riguardato anche quelle di tipo "sociale", principalmente per scuole e ospedali.<br> <br> Figura 1 – Investimenti in opere pubbliche, milioni di euro 2005<br> <br> <a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEg8IvJgG1UlIlTXAL-UhT4VO29_BKPM-itHGkIn_lKOJWoC4TecS3evR590XXhLig_Zqns2I96Wd-83NM0El_yMbapaxkKrZ5-yih0D9RiSqFha4s9JNWC3s3aD3wO8qhoxvqB9ZRxaZ4jY/s1600/ehejfedijjhhgaak-715405.png"><img src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEg8IvJgG1UlIlTXAL-UhT4VO29_BKPM-itHGkIn_lKOJWoC4TecS3evR590XXhLig_Zqns2I96Wd-83NM0El_yMbapaxkKrZ5-yih0D9RiSqFha4s9JNWC3s3aD3wO8qhoxvqB9ZRxaZ4jY/s320/ehejfedijjhhgaak-715405.png" border="0" alt="" id="BLOGGER_PHOTO_ID_6395522909971314994" /></a> <br> <br> Fonte: Rapporto Svimez 2014<br> <br> Il processo che ha portato all'impoverimento della dotazione infrastrutturale del Sud è incominciato da molto tempo, ma l'attenzione dei media e del dibattito politico si è concentrata a lungo sulle grandi opere. Poca attenzione è stata invece dedicata al deterioramento delle "infrastrutture di base", quali strade, reti ferroviarie, scuole, ospedali. Basta dire che oggi al Sud circolano meno treni regionali che nella sola Lombardia (rapporto Pendolaria 2015, Legambiente), con un'età media dei convogli nettamente superiore a quella del Nord (20,4 anni contro 16,6) e che Calabria, Sicilia e Sardegna sono le regioni con la peggiore qualità degli edifici scolastici.<br> <br> Le cause e gli effetti<br> <br> Un aspetto interessante del divario infrastrutturale è che a differenza del gap in termini di Pil, condizioni di salute o stato di povertà, è interpretabile non solo come un effetto, ma anche come una causa della mancata crescita del Mezzogiorno. Le ragioni teoriche possono essere molteplici. Ad esempio, una buona dotazione di infrastrutture riduce i costi fissi delle imprese favorendo sia l'incremento dei volumi di produzione di quelle già presenti sul territorio sia la localizzazione di nuove aziende. Inoltre, secondo la Nuova geografia economica, i miglioramenti infrastrutturali possono influenzare la concentrazione spaziale delle attività economiche e rendere i mercati locali più accessibili.<br> La distinzione tra cause ed effetti è cruciale. Si possono curare gli effetti solo se si conoscono le cause. Tuttavia, non sempre è facile distinguere le une dalle altre. Ad esempio, le cattive ferrovie del Sud Italia potrebbero non esercitare alcun impatto sul processo di crescita, ma semplicemente concorrere a descrivere il particolare stato di sviluppo che caratterizza quel territorio. Si tratta di una questione ben nota agli economisti, che negli ultimi anni si sono sforzati di utilizzare (e sviluppare) tecniche che consentono di identificare effetti causali. Queste metodologie sono state impiegate (nei limiti della disponibilità dei dati a disposizione) anche per cercare di capire l'impatto sulla crescita esercitato dagli investimenti in infrastrutture. I risultati sono abbastanza concordi nel riconoscere un effetto positivo. Per il nostro paese, uno studio della Banca d'Italia mostra che gli investimenti pubblici in capitale hanno determinato un incremento del Pil sia nelle regioni del Nord che in quelle del Sud Italia.<br> Detto questo, però, si apre un'altra questione. Non basta individuare la strada da percorrere, bisogna anche saperla percorrere. Il beneficio che deriva da risorse mal spese non può essere molto grande e la produttività marginale degli investimenti pubblici in capitale al Sud è inferiore rispetto al Nord. Inutile dirlo, il Mezzogiorno è in parte responsabile dei suoi ritardi. Scegliere però di ridurre la spesa piuttosto che agire in maniera ferma per combattere i fattori che la rendono inefficiente significa rinunciare al Sud, considerarlo come causa persa. È perciò un bene che il Mezzogiorno sia tornato nel dibattito politico, che Matteo Renzi ne parli nei suoi discorsi.<br> Le parole servono, ma probabilmente non bastano. Alcune recenti scelte, tra le quali spiccano il contratto di programma tra il ministero dei Trasporti e la Rete delle ferrovie italiane (Rfi) e il piano degli investimenti per la banda ultralarga, dimostrano un consolidamento della tendenza a impegnare più risorse laddove si ritiene maggiore la produttività e più brevi i tempi di risposta. Una prassi che però rischia di aumentare ulteriormente il divario tra le due aree del paese.<br> Sull'efficienza della spesa, certamente, al Sud tocca fare la sua parte, anche attraverso una più accurata selezione della sua classe dirigente, che deve essere più responsabile e più svincolata da eventuali logiche clientelari. Il governo centrale, però, ha il dovere di rendere più incisivo l'impegno nella lotta a quei fenomeni di illegalità diffusa, quali corruzione e criminalità organizzata, che costituiscono un serio ostacolo a qualunque processo di crescita. Al Sud come nel resto del paese.<br> <br> Natale Martucci<br> 06/09/2016<br> <a class="moz-txt-link-freetext" href="http://www.lavoce.info">http://www.lavoce.info</a><br> <br> </font> <br /> <table style="border-top: 1px solid #D3D4DE;"> <tr> <td style="width: 55px; padding-top: 18px;"><a href="https://www.avast.com/sig-email?utm_medium=email&utm_source=link&utm_campaign=sig-email&utm_content=emailclient" target="_blank"><img src="https://ipmcdn.avast.com/images/icons/icon-envelope-tick-round-orange-animated-no-repeat-v1.gif" width="46" height="29" style="width: 46px; height: 29px;" /></a></td> <td style="width: 470px; padding-top: 17px; color: #41424e; font-size: 13px; font-family: Arial, Helvetica, sans-serif; line-height: 18px;">Mail priva di virus. <a href="https://www.avast.com/sig-email?utm_medium=email&utm_source=link&utm_campaign=sig-email&utm_content=emailclient" target="_blank" style="color: #4453ea;">www.avast.com</a> </td> </tr> </table> Unknownnoreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-283724742570293943.post-39690826353876474232016-12-06T13:50:00.001+01:002016-12-06T13:50:17.570+01:00Governo RenziIn questi anni di attività legislativa il Governo ha incrementato profondamente le differenze tra Nord e Sud, provando finanche ad introdurle in Costituzione con la riforma appena bocciata dagli elettori. Stiamo al merito:<p>-Nell'aggiornamento del contratto di programma 2012-2016 con le Ferroviegrazie alle risorse della legge Stabilità 2015 e dello Sblocca Italia, il governo ha previsto investimenti per 8.971 milioni. Destinati al Sud solo 474 milioni, al Nord tutto il resto (8.497 milioni).<p>-Per finanziare l'esonero dal versamento dei contributi previdenziali, sono state drenate risorse dai bilanci dei Ministeri, per complessivi 700 Milioni, ma soprattutto dai fondi che le Regioni avrebbero dovuto spendere in base al Piano di azione e Coesione che gestisce gli stanziamenti europei. ll bonus fiscale, che ha reso possibile le assunzioni, si è configurato come un massiccio trasferimento di risorse dal Sud al Nord del Paese. Quasi 2 Miliardi di euro sono stati prelevati in Campania, Sicilia, Puglia e Calabria che sono serviti ad incentivare circa 538mila nuovi contratti di lavoro nelle regioni del Nord e 255mila in quelle del Centro.<p>-Il piano "Connecting Europe Facility" (Meccanismo per collegare l'Europa), contenuto in un allegato al DEF 2015 contiene 7 miliardi e 9 milioni di euro per i progetti UE fino al 2020. Ecco come sono stati ripartiti: 7 miliardi e 5 milioni al centro-nord e 4 milioni al sud. L'Italia investe al sud lo 0,05% e al centro-nord il 99,95%.<p>-Il CIPE (Comitato Interministeriale per la Programmazione Economica) ha previsto investimenti per 2 miliardi di euro solo al Nord. In particolare ha finanziato l'ultima tranche del MOSE per 1.2 miliardi; ha contribuito allo sblocco di opere infrastrutturali, interventi di bonifica e reindustrializzazione a Piombino e Fidenza; finanziato i contratti di filiera nel settore agricolo per 130 milioni e i progetti di sviluppo e promozione economica per i territori per un totale di 21 mln euro. Il governo inoltre ha varato un piano complessivo per il Made in Italy di 260 milioni di euro. Interessate le sole città di Milano, Firenze e Roma. Zero al Sud.<p>-Il governo, limitatamente ai fondi nazionali destinati al Sud e ai fondi regionali di Campania, Calabria e Sicilia, ha ridotto a un terzo il cofinanziamentoitaliano dei fondi europei 2014-2020. Le tre regioni meridionali hanno perso complessivamente 7,4 miliardi di euro di investimenti.<p>–Soglie di povertà assoluta: il governo le ha calcolate in modo che risultassero più alte nel settentrione d'Italia riservando il 45% dei sussidi al Sud e il 55% dei sussidi al Nord. In tal modo è stata esaudita la richiesta delle soglie territoriali previste dalla Lega Nord nel 2005.<p>-Le formule sui fabbisogni standard sono state tutte pensate in modo da danneggiare i Comuni del Mezzogiorno. In particolare, per gli asili nido e l'istruzione sono stati dirottati 700 milioni di euro dal Sud al Nord. Le risorse sono state ripartite sul calcolo della spesa storica senza tenere conto dei livelli di prestazioni sociali omogenei sul territorio nazionale.<p>Sulla sanità sono stati attuati parametri di assegnazione dei fondi togliendo risorse ai territori meridionali dove la speranza di vita è più bassa. Il blocco del turnover nelle Università è stato intensificato al Sud poichè il merito degli atenei è stato calcolato sui redditi delle famiglie, più alti al Nord. Inoltre, per finanziare le strade provinciali e le città metropolitane è stato inserito tra i parametri il numero di occupati sul territorio, il quale è notoriamente più alto nelle zone ricche.<p>-Nel «Piano strategico nazionale della portualità e della logistica» in vista del raddoppio del Canale di Suez, il governo ha solo annunciato la necessità di creare le condizioni per il transito di treni porta container da 750 metri in su per i porti di Gioia Tauro, Taranto e Napoli-Salerno. Ma nessun  investimento è stato previsto a sud di Livorno entro il 2020. Diversa sorte per il traffico merci su ferro che coinvolge Genova, i porti del Nord Adriatico e il tratto Torino-Trieste.<p>Tra i governi più anti-meridionali della storia quello di Matteo Renzi gareggia per il primo posto, insieme ad opposizioni fantasma in Parlamento che a parte qualche colpo di tosse per facile reperimento del consenso a scadenza elettorale, non hanno saputo difendere nè contrastare il compimento e l'evoluzione trasversale del disegno leghista riassunto nello slogan "Prima il Nord".<p>Flavia Sorrentino<br><a href="http://www.unionemediterranea.info/notizie/rottamatore-rottamato-dal-sud/">http://www.unionemediterranea.info/notizie/rottamatore-rottamato-dal-sud/</a>Unknownnoreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-283724742570293943.post-65392675216237839252016-08-02T11:48:00.000+02:002016-08-02T12:05:22.918+02:00L'anniversario dei martiri di Pietrarsa e le strumentali polemiche in Rete<div class="MsoNormal">
<div class="MsoNormal">
<span style="font-family: Arial, sans-serif; font-size: 11.5pt;">di Gigi Di Fiore</span><span style="font-family: "Times New Roman", serif; font-size: 13.5pt;"><o:p></o:p></span></div>
<div class="MsoNormal">
<span style="background: white; font-family: "Times New Roman", serif; font-size: 13.5pt;"><br />
</span><span style="font-family: Arial, sans-serif; font-size: 11.5pt;">Ancora sull'eccidio di
Pietrarsa, perché il 6 agosto si avvicina e perché si continuano a leggere in
Rete interventi risibili, che ignorano completamente i documenti sulla vicenda,
probabilmente per difendere qualche interesse pseudoaccademico. Ancora sull'eccidio
di Pietrarsa, di cui ricorrono tra pochi giorni i 153 anni. Ancora sull'eccidio
di Pietrarsa perché è storia d'Italia e dei metodi utilizzati per farla
diventare Nazione.<br />
<br />
<b>Su quegli operai </b>uccisi durante il primo sciopero dell'Italia unita
il 6 agosto 1863, lo scorso dicembre c'è stata una prima iniziativa
toponomastica con una strada intitolata ai "Martiri di Pietrarsa" nel
comune di San Giorgio a Cremano. Iniziativa analoga ha avviato il comune di
Napoli. Su quelle proteste, gli incidenti, l'arrivo dei bersaglieri che
spararono sugli operai, chiamati dall'imprenditore Jacopo Bozza che si era
aggiudicata la svendita governativa, ho già scritto tanto. Anche della
concessione dello stabilimento ottenuta da Bozza per 20 anni con canone di
appena 46.000 lire. Qui, voglio accennare alle premesse di quel 6 agosto.<br />
<br />
<b>L'orgoglio dell'industria siderurgica </b>meridionale, lo stabilimento
voluto dal re Ferdinando II di Borbone per realizzare materia prima e carrozze
ferroviarie ebbe, subito dopo l'unificazione, destino segnato. C'è chi continua
a sostenere: quell'azienda era tenuta in piedi dalle commesse statali e dagli
aiuti del governo borbonico, non era competitiva e quindi, in un mercato
capitalistico, doveva "giustamente" chiudere.<br />
<br />
<b>Cinismo di chi </b>nulla sa di politiche governative, di teorie
keynesiane da applicare all'economia politica. Che dimentica, ad esempio, come
gli incentivi governativi, con sconti sostanziosi, furono pensati, in anni
recenti, per l'acquisto di auto in grado di aiutare la Fiat di Torino. Chi
ignora come la politica economica è sempre una scelta e che, nella nostra
storia, ha spesso seguito interessi dei più forti. Come per Pietrarsa.<br />
<br />
<b>Già, perchè, come i tanti ignoranti della Rete</b> continuano a non
sapere, le premesse del deprezzamento furono commesse del valore di 5.500.000
lire già decise, per realizzare linee ferroviarie su cui ci sarebbe stato
bisogno di acquistare 21 locomotive, 210 altri veicoli e 100 vagoni per
trasposto materiale. Acquisti per linee, naturalmente, di collegamento nel
centro-nord. Acquisti che facevano gola. Era l'Ansaldo di San Pier d'Arena la
concorrente diretta di Pietrarsa. La scelta fu affidata ad uno studio
dell'ingegnere piemontese Sebastiano Grandis.<br />
<br />
<b>Doveva decidere chi dovesse</b> restare a proprietà pubblica e chi
invece poteva essere svenduto. Naturalmente, l'ingegnere scelse l'Ansaldo e non
perché Pietrarsa non fosse competitiva nell'apparato produttivo e nelle
capacità degli operai. La motivazione fu la vicinanza geografica maggiore ai
cantieri ferroviari. Scelte, che nei primi anni di Italia unita portarono a
decidere 6 opere ferroviarie al centro-nord e solo 2 al sud. Colpa dei
meridionali? Nel 1863 l'Italia era unita, evidentemente gli interessi forti già
risiedevano altrove.<br />
<br />
<b>Strada in discesa </b>per l'Ansaldo, tutta in salita per Pietrarsa.
Svenduto lo stabilimento, anche dopo una feroce campagna di stampa che tese a
svilirne la produttività, privato di commesse pubbliche a vantaggio
dell'azienda ligure, il gioiellino delle ex Due Sicilie fu destinato a vivacchiare
per qualche anno, tra alti e bassi, riduzione di personale e incapacità
gestionali. La protesta operaia del 6 agosto 1863 fu l'effetto diretto, dunque,
di scelte politiche del Parlamento e del governo unitario di Torino.<br />
<br />
<b>Una pagina di storia</b> che, chissà perché, dà fastidio a qualcuno che
non si è preso la briga di consultare atti parlamentari e governativi,
contratti, giornali dell'epoca, archivi. Così è, soprattutto in Rete dove la
passiva ignoranza per spirito polemico impera. Ma la storia, senza tener conto
dei documenti a disposizione, è pura invenzione. Molti, purtroppo, lo
dimenticano.</span><span style="font-family: "Times New Roman", serif; font-size: 13.5pt;"><o:p></o:p></span></div>
<span style="font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 12.0pt; mso-ansi-language: IT; mso-bidi-language: AR-SA; mso-fareast-font-family: "Times New Roman"; mso-fareast-language: IT;"><br /></span></div>
<div class="MsoNormal">
<span style="font-family: "arial" , sans-serif; font-size: 11.5pt;"><span style="background: white;"><br /></span></span></div>
<span style="font-family: "arial" , "helvetica" , sans-serif; font-size: x-small;">Giovedì 28 Luglio 2016, 11:15<br />
<a href="http://www.ilmattino.it/blog/controstorie/martiridipietrarsa-1881617.html"><span style="color: blue;">http://www.ilmattino.it/blog/controstorie/martiridipietrarsa-1881617.html</span></a></span><br />
<table style="border-top: 1px solid #D3D4DE;"><tbody> </tbody></table>
Unknownnoreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-283724742570293943.post-50066482112038705552016-05-08T09:58:00.001+02:002016-05-08T09:58:40.314+02:00Così i soldi del Mezzogiorno
salveranno le banche del Norddi Mariarosaria Marchesano<p>Il tracollo e la vendita del Banco di Napoli fu un terremoto per il Mezzogiorno. Un male necessario, si disse. Su quelle ceneri nacque la Sga, Società per la gestione delle attività con sede a Napoli e 70 dipendenti, la quale rilevò dal Banco circa 6,4 miliardi di euro crediti inesigibili o incagliati, che rappresentavano il "buco", il motivo stesso del fallimento di una delle più antiche istituzioni creditizie d'Italia, con alle spalle una storia di 500 anni. Il 31 dicembre 2016 la Sga compie 20 anni e, come risulta dai bilanci, è riuscita a recuperare oltre il 90% di quei crediti che, forse, tanto inesigibili non erano. In altre parole, il crack del Banco ha restituito, fino ad oggi, quasi 6 miliardi di euro. Una cifra destinata ad aumentare visto che all'appello mancano ancora 4-5 mila pratiche che si annunciano redditizie, come sottolinea l'ad Roberto Romagnoli, successore di Marcello Valignani che si è dimesso un paio di anni fa. Ma non basta. La Sga ha anche accumulato un "tesoro" di oltre 600 milioni di euro, riserve di utili che si sono formate in tutti questi anni grazie proprio all'attività di recupero e gestione dei crediti deteriorati. Dopo i primi cinque anni in perdita, la Sga, a partire dall'esercizio 2003, ha cominciato a macinare profitti. Di tale ammontare, 430 milioni è la liquidità attualmente investita in titoli di stato ed è praticamente disponibile, come risulta dal bilancio 2014. Lo sa bene il governo di Matteo Renzi che su questa liquidità ha messo gli occhi da tempo per sostenere il suo programma di aiuti alle banche in difficoltà. Dunque, con la ricchezza accumulata grazie alla gestione dei crediti problematici della prima banca del Mezzogiorno, si andranno a sostenere le banche in crisi del Paese. Quando si dice l'oro di Napoli (…).<p>Per approfondire: <br><a href="http://corrieredelmezzogiorno.corriere.it/napoli/economia/16_maggio_07/cosi-soldi-mezzogiorno-salveranno-banche-nord-9df89afc-142b-11e6-bf32-e8185cc2b29c.shtml">http://corrieredelmezzogiorno.corriere.it/napoli/economia/16_maggio_07/cosi-soldi-mezzogiorno-salveranno-banche-nord-9df89afc-142b-11e6-bf32-e8185cc2b29c.shtml</a>Unknownnoreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-283724742570293943.post-50592531475141203082016-03-19T10:53:00.000+01:002016-03-19T11:29:49.059+01:00LA PIÙ GRAVE MINACCIA PER NAPOLI NON È IL VESUVIO MA L’ITALIA1973. Una partita di cozze avariate provenienti dalla Tunisia invade l'Europa e causa un'epidemia di colera che coinvolge molte città del Mediterraneo dove è per tradizione elevato il consumo di mitili. Casi di contagio si verificano a Napoli ma anche in città come Bari, Palermo, Barcellona, Marsiglia.<br>A Napoli parte una colossale operazione di profilassi con la collaborazione della cittadinanza (chi c'era lo ricorderà bene) che durerà due mesi (agosto e settembre) e che porterà l' Organizzazione Mondiale della Sanità a dichiarare risolta l'epidemia in città nel mese di ottobre. A Barcellona, tanto per dire, l'OMS fece la stessa dichiarazione soltanto due anni dopo. Eppure, grazie ai media italiani, quell'evento è passato alla storia cone il colera a Napoli. E il marchio di infamia permane tuttora sulla pelle dei cittadini. La conseguenza della campagna stampa fu che Napoli scomparì dalle mappe del turismo per qualche decennio a causa dell'immagine della città che era stata iniettata nell'opinione pubblica.<p><p>2013. L'Espresso pubblica un rapporto della Nato che tecnici accreditati hanno giudicato sproporzionato. Gli americani nel documento tracciano una irreale mappa del pericolo indicando le zone dove sarebbe concentrato il rischio invitando il proprio personale ad evitarle.<br>Per oltre 20 anni aziende del nord, per abbattere i costi dello smaltimento legale, hanno fatto accordi con la camorra per sversare nelle terre della Campania Felix (la terra più fertile al mondo che consente 4 raccolti all'anno) milioni di tonnellate di rifiuti tossici di natura industriale con il terrore di inquinamento delle falde. Tecnici ed analisti dell'azienda idrica comunale insorgono garantendo che l'acqua napoletana è la più analizzata d'Italia e la migliore tra quelle erogate dalle città italiane.<p><p>2016. Riprende la guerra di camorra in città. Lo stato non riesce a garantire la legalità. In realtà non ha interesse a combattere il degrado di alcuni quartieri con tassi elevatissimi di disoccupazione, evasione scolastica etc… abbandonando la popolazione nelle mani della criminalità. La camorra svolge la funzione di controllo sociale per supplire alla mancanza di politiche sociali, della scuola e del lavoro di esclusiva pertinenza della stato completamente assente. Del resto cosa potrebbe accadere se centinaia di migliaia di persone non trovassero nella camorra l'opportunità di attività illegali che garantiscano la sussistenza delle loro famiglie? Quale pressione sociale si produrrebbe in quei quartieri degradati? L'accordo tra lo stato che si limita a rappresentazioni teatrali con l'invio dell'esercito senza minimamente affrontare il problema alla radice e la criminalità cui sono stati ceduti pezzi di territorio nei quali offre risposte alla popolazione che lo stato italiano si rifiuta di prendere in considerazione è evidente a chi ha occhi per vedere e non per leggere i giornali. Diversamente infatti lo stato sarebbe costretto ad effettuare importanti investimenti contraddicendo il proprio comportamento tenuto per tutti i 155 anni della Malaunità.<p>Potete fare le copertine che volete e scaricare la colpa sui napoletani ma il vero pericolo, la minaccia e la causa di tutti i problemi per Napoli e per il suo popolo è l'Italia.<p>Attilio Fioritti<p><a href="http://www.unionemediterranea.info/notizie/la-piu-grave-minaccia-napoli-non-vesuvio-litalia/">http://www.unionemediterranea.info/notizie/la-piu-grave-minaccia-napoli-non-vesuvio-litalia/</a><p><p>Inviato dal mio dispositivo HuaweiUnknownnoreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-283724742570293943.post-62656855371175589162016-02-27T16:11:00.000+01:002016-02-27T16:09:56.571+01:00LETTERA A BALLARO' / Flavia Sorrentino: Caro Giannini, vogliamo par condicio per le voci meridionaliste<i>Pubblico la lettera che Flavia Sorrentino, portavoce del movimento Meridionalista MO', ha inviato al conduttore di Ballarò Massimo Giannini, dopo l'ultima faziosa puntata del programma.</i><br> <br> Spett. Massimo Giannini,<br> <br> se le scrivo è perchè non sopporto l'idea di restare in silenzio dopo quanto visto a Ballarò nella puntata del 23/02/2016, ad apertura della quale è stato affrontato il tema della criminalità a Napoli.<br> <br> Sarò diretta: sono stufa di sentir parlare del Sud e di Napoli, metropoli simbolo del Mezzogiorno, sempre in chiave fatalistica e negativa, come un posto dove si vive solo di miseria e tutto è abbandonato a se stesso, all'incuria e alla malavita. Io difendo chi fa inchiesta, chi porta alla luce disagi e problemi, ma per denunciare chi ne ha le responsabilità e dire a chiare lettere cosa o chi alimenta il fenomeno criminale.<br> <br> Andrebbe specificato che se la criminalità è così predominante in taluni contesti, è perchè è riuscita a sostituirsi al potere statale nell'erogazione di servizi, facendo da cuscinetto ammortizzatore di necessità e bisogni delle fasce più deboli, al punto di realizzare un'economia parallela che tiene a freno il tappo della disperazione: la grave e perdurante assenza di Stato, nei quartieri cosiddetti a rischio, è la motivazione principale e non gregaria, dell'aumento della malavita, che come facilmente intuibile, si irrobustisce se non subisce una decisa e decisiva opera di contrasto.<br> <br> "Come si vive a Gomorra?" o "Questa è la fotografia di Napoli!", sono ottimi titoli da prima pagina, ma suggeriscono pericolosamente a chi guarda e ascolta, che non esistono realtà diverse dal crimine e offrono una giustificazione a posteriori, alle dichiarazioni del Presidente della Commissione nazionale antimafia, Rosy Bindi, secondo la quale la camorra è un elemento costitutivo della città, una sorta di predisposizione endemica ed ineluttabile alla delinquenza, che esiste ed è una piaga sociale, ma che di certo non può essere analizzata come un fatto genetico o etnico dei napoletani.<br> <br> Nessuno in studio che abbia dato realmente voce alla Napoli che non entra mai nelle case degli italiani. Da una parte Antonio Bassolino, candidato alle primarie del PD per la corsa a Palazzo San Giacomo, al quale non è stata fatta nemmeno una domanda sul suo operato di amministratore politico quando la città annegava nell'emergenza rifiuti ed era vittima con la Campania di uno spietato sistema di affarismo imprenditoriale e criminale; dall' altra Valeria Ciarambino del M5s, in contrasto per ovvia posizione con Renzi, anche se il suo Movimento in Parlamento non si oppone mai alle scelte anti-meridionali dell'esecutivo.<br> <br> Mi sarebbe piaciuto che le telecamere di Ballarò fossero andate a chiedere conto al Ministro dell'interno Angelino Alfano su come mai non si è mai visto alla testa dei cortei, accanto alla gente che scende in piazza, al di là dei luoghi comuni sull'omertà, per gridare tutta la propria rabbia contro la camorra. Mi sarebbe piaciuto se foste andati da Matteo Renzi a chiedere che fine ha fatto il Masterplan per il Sud e perchè questo Governo utilizza per il bonus occupazione previsto nella Legge di stabilità 2016, ben 2 miliardi di Fondi PAC del Sud, per agevolare l'occupazione lavorativa al Nord, quando a Napoli e in tutto il Mezzogiorno si muore di disperazione, disoccupazione e desertificazione industriale.<br> <br> Sulle pagine de "Il Mattino" il giorno 15/02/2016 a cura di Marco Esposito, è uscito un articolo sui finanziamenti ferroviari del Governo al Sud (appena 400 milioni di euro contro 9 miliardi al centro-Nord), l'ennesimo di una lunga serie che denunciano tagli indecenti alla sanità, all'università, agli asili, agli investimenti nel Mezzogiorno. Mi piacerebbe capire perchè nelle trasmissioni nazionali, a partire da quella che Lei conduce, non viene mai invitato chi rappresenta politicamente le istanze del Sud, per offrigli la possibilità di smentire con dati ed argomentazioni, la retorica sul Mezzogiorno quale inguaribile palla al piede del Paese, mentre il pensiero leghista di Salvini sovrasta i salotti televisivi.<br> <br> Quando Roberto Saviano in collegamento, afferma che non esiste nessun nuovo percorso per la salvezza del Sud, racchiude in breve il messaggio che passa quando si usano definizioni come: "Questa è Napoli" e cioè una città senza futuro dove tutti quelli che restano, presumibilmente i peggiori, sopravvivono "nella terra di Gomorra". Così si chiude il cerchio dell'informazione italiana, ma non della realtà.<br> <br> C'è un sentimento di ribellione che da Sud comincia a prendere forma, attraverso un fermento culturale e politico sempre più organizzato ed autonomo.<br> C'è una città, Napoli, che nonostante le continue discriminazioni, resiste e tesse la tela del cambiamento. Ecco perchè andrebbe sottolineato, con forza e contro corrente, che quella mostrata nel piccolo schermo è la parte di una verità più grande, fatta di donne ed uomini coraggiosi, che senza Stato e senza scorta questa terra ogni giorno la onorano, la vivono e la amano. Perchè la verità è tale, solo se raccontata tutta.<br> <br> Distinti saluti.<br> <br> Flavia Sorrentino Unknownnoreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-283724742570293943.post-72057894967123817852015-12-05T12:05:00.000+01:002015-12-05T12:06:05.561+01:00Sicilia zavorra d’Italia? E’ l’esatto contrario. La bufala di LiberoPur di andare contro la Sicilia, il quotidiano Libero, diretto da Maurizio Belpietro, non ha esitato a contraddire persino la Corte dei Conti che, nella relazione annuale di 'parifica' del Bilancio della Regione siciliana scrive l'esatto contrario. E' disinformazione o ignoranza? <p><p>Egregio direttore di Libero, Maurizio Belpietro,<p>non le sarà parso vero di potere per l'ennesima volta "sbattere il mostro in prima pagina", presentando la Sicilia come la sentina di tutti i vizi nazionali, come la "Grecia d'Italia", come se la Grecia fosse pienamente responsabile, e non vittima, dell'usura della Trojka, dando la solita colpa alla solita Autonomia che esiste solo nella fantasia degli Italiani, i quali pensano che in virtù di essa tonnellate di miliardi varchino ogni anno lo Stretto a nostro favore e che, nonostante ciò, facciamo miliardi su miliardi di debito, incapaci di amministrare alcunché.<p>No, questa volta, Belpietro ha toppato alla grande. Avrebbe fatto meglio a non pubblicare un articolo tanto falso e tendenzioso, perché adesso le si rivolterà contro, e questa volta non soltanto a Lei, ma anche a tutti quelli che, da anni, spargono questa falsità a piene mani a telecamere riunite, colpendo la Sicilia tenendole le mani legate dietro la schiena, pensando che nessuno reagisca.<p>Questa volta ha sbagliato indirizzo, Belpietro, e ce ne deve dare atto. Si è chiesto perché gli altri giornali italiani si sono guardati dal dare questa notizia? Sono stati più accorti di lei, meno superficiali, hanno sentito puzza di bruciato per lo Stato, e hanno preferito tacere. Lei ha preso una cantonata non solo perché il paragone con la Grecia è sballato. Se è per questo la Grecia, vittima dell'usura europea, sarà forse sì paragonabile alla Sicilia, ma con la piccola particolarità che da noi l'usura veste i panni del tricolore italico, con la piccola particolarità che qui (cito la Corte dei Conti come potete leggere qui) è la "sleale collaborazione" dello Stato a causare il dissesto della Sicilia, della sua Regione, dei suoi Comuni, e quindi delle sue imprese e, in ultimo, delle sue famiglie.<p>Una sleale collaborazione, nella più svantaggiata delle proprie regioni, che grida vendetta, perché perpetrata contro quelli che in teoria sono i propri concittadini. Altro è l'egoismo di Schaeuble contro i Greci, a un certo punto per lui stranieri. Altro è il cinismo spietato dello Stato italiano che si paga le campagne elettorale degli 80 euro a spese della Sicilia e che scarica sempre sulla Sicilia, fino a che possibile, oltre al possibile, il proprio dissesto. Un atteggiamento irresponsabile del quale la Sicilia, se fosse adeguatamente rappresentata, dovrebbe chiedere giustizia nei Tribunali internazionali o alla Corte Europea dei Diritti dell'Uomo.<p>Ha preso una cantonata, egregio direttore di Libero, soprattutto perché lei, quella relazione, probabilmente non l'ha neanche letta, e se l'ha letta, evidentemente non l'ha capita, o ha fatto finta di non capirla. Ma sì… Parliamo male dei Siciliani, chi vuoi che reagisca? E invece noi reagiamo, perché sappiamo leggere. E leggiamo che lo Stato "nega alla Sicilia le somme dovute per Statuto, ignora le sentenze della Corte costituzionale, interviene pesantemente ai danni della Sicilia nelle manovre finanziarie nazionali".<p>Lungi da noi difendere Crocetta, e gli altri collaborazionisti, che questo 'sacco' hanno consentito, mettendo finanche la loro firma personale. Qui è in gioco la difesa della Sicilia in quanto tale, sulla quale non possiamo tacere. L'Agenzia delle Entrate, che per Statuto dovrebbe dipendere dalla Regione e che invece prende ordini dallo Stato, ha sottratto e dirottato, senza neanche dare comunicazione alla Regione, la bella cifra di più di mezzo miliardo di euro, scippato così, senza tanti complementi, operando un'illegittima "compensazione per cassa" (le nostre citazioni sono della Corte dei Conti non di qualche visionario sicilianista).<p>Da anni chi scrive obietta che il calcolo del gettito del reddito d'impresa maturato in Sicilia e riscosso altrove non è mai stato fatto correttamente. Ora la Corte dà ragione a questa interpretazione, sostanzialmente ritenendo ridicola somma quantificata per il 2014 (50 milioni), quando solo il Banco di Sicilia, quando era autonomo, fruttava alla Regione di tributi una somma di sei volte superiore. E per di più questa somma, ridicola, irrisoria e offensiva, non è stata nemmeno assegnata alla Regione, ma solo riconosciuta sulla carta. Stiamo parlando di un furto annuale ai danni della Regione di diversi miliardi di euro, all'incirca 4 miliardi: 4 miliardi di imposte siciliane, maturate in Sicilia, frutto del lavoro dei Siciliani, e dirottate a Roma. La Corte dei Conti certifica che il concorso alla finanza statale, superiore a un miliardo per il solo 2014, non ha copertura finanziaria, perché lascia la Regione incapace di far fronte ai servizi di cui deve farsi carico per Statuto. In pratica, la Corte dice quello che noi diciamo da sempre: lo Stato lascia le funzioni pubbliche, e quindi le spese, alla Regione e ai Comuni, e si porta a casa le risorse tributarie, come un brigante aggiungiamo ora.<p>Belpietro ricorda che i dipendenti della Regione costano un miliardo l'anno, ma dimentica di dire che questo è dovuto al fatto che i Siciliani, i dipendenti pubblici, se li pagano da soli, e quindi li mettono a carico della Regione, a differenza di quanto accade in Italia. Questo vecchio argomento, trito e ritrito, falso e tendenzioso, lo sentiamo ogni giorno. Come lo dobbiamo spiegare che da noi gli statali sono regionali? Come ve lo dobbiamo spiegare che, se sono regionali, ce li paghiamo noi, e quindi lo Stato ci guadagna pure. Niente, non c'è peggior sordo di chi non vuole sentire.<p>La Corte denuncia lo scandalo della rinuncia al gettito derivante dal contenzioso con lo Stato, imposta da Roma e supinamente accettata dalla Presidenza della Regione siciliana di Rosario Crocetta. Solo solo le somme legate all'aumento dell'accisa sui carburanti hanno fruttato una perdita certa superiore ai 200 milioni l'anno, e - se contiamo tutto, tra residui attivi verso lo Stato illegittimamente cancellati e contenziosi cui la Regione ha rinunciato - siamo oltre i 10 miliardi! Siamo oltre alla cifra che in Grecia sta facendo esplodere l'euro, e la Sicilia, da sola, schiacciata e spremuta da Roma all'inverosimile, sta sopportando in silenzio questo genocidio. Ma di che parla, Belpietro, ma di che sta parlando?<p>Il debito è arrivato a 9 miliardi? A parte il fatto che, se fossimo uno Stato indipendente, sarebbe ancora poco più del 10 % del PIL, mentre l'Italia è oltre al 134 % (il bue che dice cornuto all'asino)… Ebbene, quel debito, imposto dall'Italia alla Sicilia è un debito immorale, e andrebbe ricusato. La Sicilia, privata delle sue entrate naturali, viene costretta a indebitarsi per tirare a campare. Uno di questi mutui, il primo da 1 miliardo, è stato imposto da Roma per pagare con prelazione le case farmaceutiche nazionali, con nessun ritorno sul territorio, imponendo al contempo un mutuo a tasso variabile più esoso di quelli che il FMI applica alla Grecia, costringendo una generazione intera di Siciliani ad una fiscalità di svantaggio permanente: ma di che stiamo parlando?<p>Articolo sostanzialmente non vero e di parte, quindi, quello pubblicato dal suo giornale. Ma c'è una novità, che Lei e altri in Italia devono sapere. E cioè che ora molti siciliani sanno, e si sono stufati, e sono pronti ad andarsene. Sì, questo razzismo colonialista ha fatto risorgere il Separatismo. Perché la Sicilia non ha alternativa, perché è l'Italia, fallita, la zavorra della Sicilia e non viceversa. Con chi ve la prenderete quando ce ne andremo? Si faccia spiegare da Bechis, che qualche anno fa fece sul suo giornale un bell'articolo sull'argomento, perché la Sicilia ha convenienza ad andarsene.<p>La Sicilia Grecia d'Italia? Sì, nel senso che al posto della Trojka che là succhia il sangue dei greci, qui abbiamo lo Stato italiano che si comporta esattamente allo stesso modo. Loro forse si sono liberati, speriamo che presto tocchi anche a noi.Unknownnoreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-283724742570293943.post-58586647187320855442015-05-20T17:20:00.000+02:002015-05-20T17:20:20.140+02:00Istat, l'Italia fuori dalla crisi ma il Sud rimane sempre più indietro...<br />
Il Sud rimane indietro. I segnali positivi percepiti tra la fine dell'anno scorso e questa prima parte del 2015 si fermano al Centro-Nord. "<b>Le aree del Mezzogiorno </b>- scrive l'Istat -<b> si caratterizzano per una consolidata condizione di svantaggio legata alle condizioni di salute, alla carenza di servizi , al disagio economico, alle significative disuguaglianze sociali e alla scarsa integrazione degli stranieri residenti</b>". Qualche dato: nel Mezzogiorno il reddito è più basso del 18 per cento rispetto alla media nazionale, nelle aree interne più povere la differenza sale al 30 per cento. Il che si riflette naturalmente nei consumi: le famiglie residenti al Sud spendono poco più del 70 per cento della media nel resto del Paese. Tanto che oltre un quarto della spesa nel Mezzogiorno è per i beni alimentari, di prima necessità: si arriva a quote del 28 per cento contro quote che nel Centro-Nord si fermano al 13 per cento per i livelli più alti. Infine la quota delle persone in cattive condizioni di salute è del 20 per cento al Sud e del 17,7 per cento nel Centro-Nord.<br />
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di Rosaria Amato<br />
repubblica.it<br />
20/05/2015Unknownnoreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-283724742570293943.post-85342031282831410802015-05-19T16:04:00.001+02:002015-05-19T16:17:58.841+02:00Ecco perché non è vero che al Sud la vita sia meno caraI poveri - scriveva Esposito in un articolo sul Mattino del 30 ottobre 2013 - sono in aumento ma meno della metà vive al Sud. Parola dell'Istat. Dieci anni fa non era così: tre poveri su quattro abitavano nel Mezzogiorno. Sempre per l'Istat. Cos'è successo di così miracoloso per ridurre - rispetto al resto d'Italia - la quota di poveri meridionali? Non ci dicono, altre statistiche, che il divario Nord-Sud negli ultimi anni si è andato allargando?<br /><br />Il miracolo dei poveri spariti dalle statistiche è dovuto a un calcolo errato. Ad affermarlo è il ministero dello Sviluppo economico, il quale si raccomanda di «non utilizzare i dati sui livelli dei prezzi diffusi nell'ambito dell'Osservatorio nazionale prezzi e tariffe per confronti fra le diverse città». Tuttavia l'Istat il confronto sconsigliato lo fa, con il risultato che una famiglia di tre persone che guadagna 1.000 euro al mese è considerata povera se vive in un paesino del Centronord mentre diventa agiata in una città del Mezzogiorno. E non è un problema di percentuali bensì di persone: quando si vara un sostegno ai poveri, come la Social card, con le tabelle dell'Istat il beneficio va più al Centronord che al Sud, perché 1,2 milioni di persone del Mezzogiorno sono state liberate dal peso della povertà con colpo di spugna statistico.<br /><br />Per smascherare un prestigiatore occorre filmarlo e guardarne i movimenti al rallentatore. Ripercorriamo quindi passo passo cosa è accaduto sul monitoraggio della povertà, partendo dall'ultimo fotogramma. Ieri in Parlamento il presidente dell'Istat, Antonio Golini, è stato ascoltato nel corso delle audizioni sul disegno di legge di Stabilità. «Dal 2007 al 2012 - ha detto - il numero di individui in povertà assoluta è raddoppiato (da 2,4 a 4,8 milioni). Quasi la metà dei poveri assoluti (2 milioni 347 mila) risiede nel Mezzogiorno». Quasi la metà vuol dire che ci sono più poveri al Centronord che al Sud. Possibile?<br /><br />Golini fa riferimento al 2007-2012, ma se fosse tornato indietro al 2002, avrebbe dovuto ricordare che i poveri assoluti erano 2,9 milioni dei quali quasi il 75% (2.165.000) residenti nel Mezzogiorno. Come mai i poveri stanno aumentando soprattutto al Centronord?<br /><br />Altro fotogramma: fino al 2002 la povertà «assoluta» è stata calcolata con un modello valido in tutta Italia. Si prendeva cioè un paniere di prodotti essenziali per vivere e si verificava il costo. Per una coppia con un figlio il livello di povertà assoluta era quell'anno di 763 euro e c'erano 2,9 milioni di italiani (il 5,1% della popolazione) sotto la soglia.<br /><br />Nel 2003 (in pieno governo Berlusconi-Bossi-Tremonti) l'Istat decise di calcolare le soglie di povertà su base territoriale. Si aprì una fase di studio che durò due anni e nel 2005 l'Istat tirò fuori i conteggi con parametri diversi per Nord, Centro e Sud.<br /><br />Non è sbagliato entrare nel dettaglio territoriale, l'importante è farlo con metodo. L'Istat tramite i Comuni capoluogo di provincia misura da decenni il livello dei prezzi per migliaia di prodotti, con l'obiettivo di calcolare l'inflazione, cioè l'aumento dei listini. Per raggiungere tale risultato ogni messo comunale va nei negozi campione e a gennaio chiede all'esercente per ciascun prodotto qual è il «più venduto», dopo di che va a guardare il cartellino del prezzo e, mese dopo mese, scrive se il listino cambia.<br /><br />I prodotti più venduti, ovviamente, non sono gli stessi in tutti i negozi italiani. Lo spiega la stessa Istat: «I prezzi elementari rilevati fanno quindi riferimento a specifiche molto diverse in termini di marche, varietà e packaging, non comparabili tra le diverse unità territoriali (capoluoghi di provincia) presso le quali viene effettuata la rilevazione». Occhio: «non comparabili». Solo che, in assenza di altre rilevazioni, per calcolare il paniere dei poveri l'Istat si accontenta dei dati che ha. E compara prezzi incomparabili per sua stessa ammissione.<br /><br />Per esempio nel mese di agosto la pasta di grano duro più venduta nel più economico negozio di Milano costava 0,96 euro; a Roma 1,12 euro; a Napoli 0,78 euro. Ma si parla della stessa identica pasta? No. E c'è la controprova. La Nielsen in una ricerca (titolo: «Fare la spesa al supermercato? Al Sud costa di più») ha verificato i prezzi di prodotti identici nei supermercati italiani (120.000 beni) scoprendo che la regione più cara d'Italia è la Calabria (indice 104,60) mentre la più economica è la Toscana (indice 94,60). E la Nielsen non si è neppure sorpresa, spiegando che le differenze si giustificano con i costi logistici e con le caratteristiche della rete distributiva.<br /><br />Alcuni prodotti, come gli ortaggi freschi e il pane, al Sud costano effettivamente di meno, tuttavia i beni industriali sono decisamente più cari e se il paniere Istat dice il contrario è perché misura i beni più acquistati, peraltro non dai poveri ma dall'insieme dei consumatori. Insomma: è ovvio che al Sud in media avendo meno soldi in portafoglio si fa la spesa acquistando prodotti di qualità inferiore. Ciò accade anche per gli elettrodomestici, i cui prezzi secondo le associazioni dei consumatori sono tendenzialmente più cari al Sud. Ma se si guarda non al listino più basso in assoluto bensì a quello del bene più venduto ecco che la «cucina non elettrica» inserita nel paniere Istat per i poveri costa 295 euro al Nord, 331 al Centro e 202 nel Mezzogiorno. Il televisore costa 238 euro al Nord, 183 al Centro e 171 al Sud. È lo stesso modello di cucina o di tv? No: è il prezzo del prodotto più acquistato.<br /><br />Se si convincono gli italiani che al Sud la vita costa meno, sarà facile far accettare stipendi diversi per insegnanti, infermieri e carabinieri, o pensioni sociali modulate in base al presunto minore costo della vita.<br /><br />I fotogrammi iniziano a definire l'accaduto e a delineare il finale, lo scopo: a che serve cancellare 1,2 milioni di poveri del Sud dalle statistiche? L'ultimo fotogramma riporta al Parlamento. Dopo l'audizione di ieri dell'Istat c'è stato un impegno dei politici a far qualcosa di concreto per i 4,8 milioni di poveri di cui 2,5 milioni al Centronord e 2,3 al Sud. Ecco, sapere che in realtà il conteggio corretto certificherebbe 1,3 milioni al Centronord e 3,5 milioni al Sud forse renderebbe il sostegno ai poveri meno necessario. (cit.)Unknownnoreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-283724742570293943.post-24334796475883763402015-04-21T08:36:00.001+02:002015-04-21T08:36:29.012+02:00Unità d’Italia: la strage dimenticata di Roseto Valfortore<div>Questa è una storia come tante che, o per vergogna, o per convenienza, o per quant'altro, è stata per decenni tenuta segregata in un cassetto.<br><br>Roseto Valfortore è un paesino di mille anime arrampicato sulle montagne dell'Appennino Dauno, in provincia di Foggia. Un luogo accogliente dove gli abitanti hanno ancora il tempo e la volontà di regalare un sorriso ai visitatori che vi giungono.<br><br>Ma è anche un territorio che ha dentro di sé una ferita storica che mai nessuno gli ha riconosciuto; questa è la vicenda di 4 ragazzi di appena vent'anni e di un adulto, padre di famiglia, che furono trucidati dai garibaldini a causa delle loro simpatie per i Borbone.<br><br>Tutto avvenne la sera del 7 novembre 1860 quando i 5 furono allineati ad un muro e passati alle armi da chi era appena sopraggiunto e definiva se stesso "un liberatore". A nulla valsero le suppliche di pietà che i ragazzi invocarono ai carnefici, a nulla valsero le grida delle donne che assistettero impotenti all'esecuzione.<br><br>Questa triste vicenda, ancora una volta, non sarebbe mai venuta fuori se non ci fosse stata la caparbietà e la voglia di sapere di uno studioso, il prof. Michele Marcantonio, che scrisse nel 1983 un libro in cui raccontava l'eccidio (Abbasso la guerra, ossia tre passi a ponente Italia Letteraria, Milano 1983).<br><br>Libro, ancora una volta, corredato da documenti storici ufficiali che provavano l'accaduto, ma che furono deliberatamente ignorati. I padri della patria, infatti, dovevano apparire ancora una volta senza macchia e senza peccato! Questo fu l'ordine impartito agli storici.<br><br>Proprio grazie a tali testimonianze scritte si è potuta realizzare una ricostruzione dettagliata di cosa avvenne quel triste giorno; si riporta integralmente uno stralcio tratto da Il Frizzo, giornale di Lucera:<br><br>"I cinque vennero allineati lungo il muro che guardava alla torretta, di fronte al plotone. L'aria rigida, la pioggia, che ora con furia, il vento, fatto ora cattivo, che tempestava il viso dei condannati con bordate d'acqua gelida e dura come grossi grani di sabbia, e, forse, il contenuto di quel biglietto consigliarono il generale a far presto, a sbrigarsi.<br>Nell'estremo tentativo di muovere a pietà, tre dei condannati, cioè Giuseppe Cotturo, Vito Sbrocchi e Leonardo Marrone, s'inginocchiarono nel fango:<br>– Pietà! Siamo innocenti!<br>Parole e lacrime alla pioggia e al vento che mugghiava nella siepe e sui tetti.<br>– Pietà di noi! –, fece Nunzio.<br>Il quinto, più di là che di qua (è Liberato Farace, 22 anni appena, ferito a morte presso la propria abitazione dalle camicie rosse) era ricaduto in un'assenza totale e si teneva ritto al muro come un tronco senza vita. Il sergente rizzava in alto la sciabola come un ricurvo dito d'acciaio guardando fisso il generale.<br>Il sergente non batteva ciglio.<br>Ecco…<br>Il generale fece con l'indice un cenno distratto, quasi meccanico.<br>La sciabola piegò verso terra.<br>Fuoco!<br>I primi tre, a partire dall'angolo, caddero fulminati.<br>Al quarto un secondo colpo.<br>Il quinto, Liberato Farace, indenne.<br>Il fuciliere di grazia esplose su di lui il terzo e il quarto colpo. Solo quest'ultimo spinse fuori da quel giovane corpo il lieve alito di vita residuo."</div><div><br></div><div>tratto dal blog di Valerio Rizzo</div>Unknownnoreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-283724742570293943.post-13244546168996928212015-03-11T10:07:00.001+01:002015-03-11T10:20:47.815+01:00Fondi Europei, l’economista Viesti assolve il Sud: “Troppi luoghi comuni, le colpe sono altrove…”<span style="background-color: black; color: #f3f3f3; font-family: Helvetica, Arial, sans-serif; font-size: 15.1999998092651px; line-height: 26.6000003814697px;">I ritardi della spesa dei fondi comunitari non sono imputabili al Mezzogiorno che non sa o non vuole spendere le tante risorse disponibili, ma alla lentezza nella realizzazione delle opere pubbliche». Gianfranco Viesti, professore di Economia applicata all`Università di Bari, considerato uno dei maggiori esperti nello studio dell`economia del Meridione, va controcorrente in un'intervista rilasciata al Giornale di Sicilia. «Può sembrare strano, ma non molti hanno cercato di rispondere con precisione a questa semplice domanda. I più si accontentano di dire che il ritardo nella spesa dei fondi comunitari dipende dal Mezzogiorno. Ma se si guardano i dati contenuti nel portale OpenCoesione emerge una risposta molto più interessante. Il ritardo riguarda tutta l`Italia ed è riconducibile a una pluralità di cause: nuove e più complesse regole per l`attuazione dei programmi comunitari; una maggiore incidenza di grandi progetti infrastrutturali, la cui gestione è particolarmente complessa; i vincoli di bilancio che hanno ostacolato le capacita? di cofinanziamento statale e regionale. Non si tratta dunque, banalmente, dell`incapacità del Mezzogiorno ma di questioni più complesse e importanti. E superficiale dare la colpa al Sud. È un problema nazionale di lentezza delle opere pubbliche e non un difetto specifico del meridione. Informazioni molto utili per cercare di migliorare le cose, quantomeno nel periodo di programmazione 2014-20 che si è appena aperto».</span><br />
<div style="color: #666666; font-family: Helvetica, Arial, sans-serif; font-size: 15.1999998092651px; line-height: 26.6000003814697px; margin: 0px 0px 1.2em; padding: 0px;">
<span style="background-color: black;"><span style="color: #f3f3f3;"><a href="http://ilsudonline.it/wp-content/uploads/2015/03/fondi-europei-2014-2020.jpg" style="color: #cc0000; margin: 0px; padding: 0px;"><img alt="fondi europei 2014-2020" class="alignleft size-medium wp-image-26914" src="http://ilsudonline.it/wp-content/uploads/2015/03/fondi-europei-2014-2020-300x225.jpg" height="225" style="border: 0px; box-sizing: border-box; float: left; height: auto; margin: 0px 30px 15px 0px; max-width: 100%; padding: 0px;" width="300" /></a>Ma non basta. «Se si suddividono gli interventi per natura (opere pubbliche e altro) e per territorio (Centro Nord e le tre aree Campania-Calabria-Sicilia, Basilicata-Puglia, Abruzzo-Molise-Sardegna) emerge che la lentezza del Sud nella spesa comunitaria è spiegata dai ritardi dei lavori pubblici rispetto alle altre tipologie di intervento. Se si prendono in considerazione, infatti, gli interventi che non rientrano nei lavori pubblici (e cioè acquisti di beni e servizi, contributi e incentivi alle imprese) a fine 2013 la velocità della spesa è uguale in tutto il Paese: le regioni del Centro Nord avevano speso il 70,9% del totale. Una percentuale inferiore rispetto alle regioni Abruzzo-Molise-Sardegna (79,8%), ma del tutto identica sia a Campania-Calabria-Sicilia (71,1%), sia a Puglia-Basilicata (70,1%). Il quadro cambia se si guarda invece ai lavori pubblici: la percentuale di spesa è molto bassa in tutto il paese, del tutto simile fra Centro Nord (44,4%) e Mezzogiorno, con l` eccezione delle regioni Campania, Calabria e Sicilia dove è inferiore (27,9%) . Il ritardo complessivo del Sud, di cui tanto si parla, dipende, dunque, dal fatto che al Sud i fondi europei vengono utilizzati soprattutto per le opere pubbliche, le quali sul totale della programmazione comunitaria 2007-2013 pesano molto di più (50%) che al Centro Nord (19,8%). I lavori pubblici cofinanziati dai fondi strutturali ammontano a 18,8 miliardi nel Mezzogiorno (circa metà del totale) e a 2,6 miliardi nel Centro Nord (circa il 20% del totale). Vi è poi un problema specifico di ritardi ancora maggiori in Campania, Calabria e Sicilia: regioni che specie all` inizio hanno avuto difficoltà notevoli nell`individuazione delle opere da finanziare».</span></span></div>
<div style="color: #666666; font-family: Helvetica, Arial, sans-serif; font-size: 15.1999998092651px; line-height: 26.6000003814697px; margin: 0px 0px 1.2em; padding: 0px;">
<span style="background-color: black;"><span style="color: #f3f3f3;">Viesti assolve anche i Comuni: «Non sembra essere qui l`origine dei maggiori ritardi del Sud. In Sicilia la velocità della spesa dei Comuni non è bassa. L`avanzamento della spesa nel Sud è di circa il 36 per cento contro il 38 nel Centro. In particolare, i comuni siciliani hanno speso il 40 per cento dei fondi, contro il 50 della Puglia e il 58 della Basilicata. Il maggior ritardo di Campania, Calabria e Sicilia diviene più chiaro guardando agli altri soggetti attuatori. Le province hanno risultati molto peggiori che nelle altre aree. L`avanzamento finanziario dei progetti dei grandi soggetti pubblici Rfi, per la realizzazione delle ferrovie e l`Anas per le strade, è ovunque modesto; ma nelle tre regioni in ritardo (dove valgono ben 3,5 miliardi di finanziamento pubblico) siamo al 34,2%; dieci punti meno rispetto a quanto gli stessi enti raggiungono in Puglia e Basilicata».</span></span></div>
<div style="color: #666666; font-family: Helvetica, Arial, sans-serif; font-size: 15.1999998092651px; line-height: 26.6000003814697px; margin: 0px 0px 1.2em; padding: 0px;">
<span style="background-color: black;"><span style="color: #f3f3f3;">In sostanza, il problema è nell`incapacità di realizzare le infrastrutture. «Piuttosto che parlare di Nord che spende e di Sud incapace, bisogna concentrarsi sui lavori pubblici. Non è un problema di fondi europei, perché la progettazione delle infrastrutture è lenta indipendentemente da chi li finanzia, se lo Stato o Bruxelles. I tempi della progettazione sono biblici e spesso le imprese non sono in grado di portare a termine i lavori. Più che gingillarsi in spiegazioni anche interessate, comode solo a far destinare più soldi al Nord, conver- rebbe riflettere su queste gravissime criticità dell`intero sistema paese».<br style="margin: 0px; padding: 0px;" />La Sicilia, lo scorso dicembre, aveva speso il 56 per cento, 2 miliardi e mezzo, del totale della programmazione. Da qui a fine anno resta ancora da spendere circa un miliardo e 800 milioni. C`è il rischio che queste somme tornino a Bruxelles? «In verità, le risorse europee perdute sono state sempre pochissime. I dati di consuntivo per il 2014 mostrano che si tratta di cifre molto contenute. Sappiamo però che le cifre da rendicontare per il 2015 sono enormi e quindi esiste un rischio concreto per la fine di quest`anno. Le regioni non stanno con le mani in mano, ma sono state avviate opere la cui realizzazione è lenta. Con il risultato che finché le infrastrutture non vengono collaudate non si può pagare alle ditte il saldo finale. Inoltre, le amministrazioni in tutta Italia ma particolarmente nel Sud non sono riuscite ad anticipare i soldi, perché il Patto di stabilità limita le spese che possono fare comuni e regioni. Siamo in un mondo schizofrenico. Da un lato si dice di spendere i fondi comunitari, dall`altro c`è il vincolo di spesa che non si può superare ogni anno. Tutti problemi che hanno contribuito a ritardare la spesa pubblica».</span></span></div>
<div style="color: #666666; font-family: Helvetica, Arial, sans-serif; font-size: 15.1999998092651px; line-height: 26.6000003814697px; margin: 0px 0px 1.2em; padding: 0px;">
<span style="background-color: black;"><span style="color: #f3f3f3;"><br /></span></span></div>
<div style="margin: 0px 0px 1.2em; padding: 0px;">
<span style="font-family: Helvetica, Arial, sans-serif;"><span style="background-color: black; color: #f3f3f3; font-size: 15.1999998092651px; line-height: 26.6000003814697px;">Fonte: www.ilsudonline.it</span></span></div>
Unknownnoreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-283724742570293943.post-78033053751089567902014-12-15T18:39:00.001+01:002014-12-15T18:43:10.639+01:00Squilibri Nord/SudSuggerirei a tutti coloro che ancora credono alla favola del Nord ricco perché laborioso, che si rimbocca le maniche, in contrapposizione ad un Sud povero solo perché parassita e sfaticato, di dare un'occhiata ai dati pubblicati dall'ISTAT (qui un <a href="http://www.angelodamelio.it/sud/Risorse/Dati/Sanit%E0%20Nord%20Sud%202012.jpg" target="_blank">estratto</a>) ed al relativo <a href="http://www.angelodamelio.it/sud/Risorse/Documenti/Sanit%E0_%20Lo%20squilibrio%20Nord%20Sud%20-%20ilSole24ORE.pdf" target="_blank">articolo</a> del Sole 24 Ore sulla enorme e vergognosa differenza di servizi (qui il caso della Sanità) tra settentrione e meridione d'Italia frutto di decenni di investimenti statali del tutto squilibrati (vedasi i tanti grafici presentati in questo <a href="http://www.angelodamelio.it/sud/dati.htm">sito</a>). Unknownnoreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-283724742570293943.post-80850477705214989512014-11-18T10:28:00.004+01:002014-11-18T10:30:22.621+01:00La Banca d'Italia conferma: «Il sud il vero motore dell'economia nazionale pre-unitaria»<div>
<span style="color: white; font-family: Arial, Helvetica, sans-serif;"><span style="background-color: black;">Che il sud fosse più ricco del nord prima dell'Unità d'Italia non è una favoletta. A confermarlo non è uno studio filo meridionalista ma l'istituzione principe dell'economia italiana, ossia la Banca d'Italia. A giocare con il pallottoliere sono Carlo Ciccarelli e Stefano Fenoaltea in un rapporto di 678 pagine appena pubblicato dalla Banca d'Italia e relativo all'industria estrattiera e manifatturiera complessiva, misurata in lire costanti a prezzi del 1911. Al momento dell'Unità d'Italia la regione con la maggiore produzione industriale era la Campania, con 39,04 milioni di lire. Un valore superiore persino di quello della più estesa e popolosa Lombardia, che si attestava a 36,83 milioni. Il Piemonte era terzo a 29,89 milioni di lire. Seguivano con valori superiori a 20 milioni di lire Veneto, Toscana e Sicilia. Se la storia è orientata dall'economia allora la nostra storia, quella che fanno ancora studiare a scuola, andrebbe riscritta, partendo da questi valori che spesso vengono occultati. Banca d'Italia, quindi, con questo studio, riconosce il valore intrinseco di un Sud capace di camminare con le proprie gambe facendo impresa e sapendo gestire il denaro in maniera oculata in tempi dove non esistenvano incentivi europei, né derrate made in Usa o Urss. Napoli, capitale economica del Mediterraneo, completamente ridotta a brandelli da una politica nazione volta a riempire le casse del nord. Difatti, nella top five delle capitali economiche d'Italia, Napoli passa dal primo posto del 1861 al quinto del 1901. Praticamente intere risorse spostate dal sud al nord, comprendo l'operazione con un colpo di spugna e deviando l'opinione pubblica con la lotta al brigantaggio. Poi ci lamentiamo se in Afghanistan, si occultano interessi economici con guerre "portatrici di democrazia". Lo studio ha anche dei nomi eccellenti in calce alla risma ricca di conti e conticini. È infatti Ciccarelli a confermare il tutto avalando lo studio con anni di esperienza come docente a Tor Vergata e Fenoaltea al collegio Carlo Alberto di Moncalieri. Non sono gli ultimi arrivati, con oltre quindici anni di lavori di ricostruzione storica dell'economia italiana. «La forza industriale - si legge in una recensione comparsa sui media nazionali a amrgine dello studio - dell'Italia del 1861, va sottolineato, era nel complesso modesta, tuttavia la presenza di aree industriali in tutte le aree della penisola poteva far immaginare uno sviluppo equilibrato. Invece nel giro di pochi decenni la forza produttiva si concentrò in tre regioni (Lombardia-Piemonte-Liguria). E' interessante anche verificare cosa accadde in regioni d piccole dimensioni. Nel 1861 l'Umbria aveva una produzione industriale di 3,67 milioni contro i 4,17 della Basilicata, gli 8,87 della Calabria e i 10,28 degli Abruzzi. Ebbene la regione del centro Italia supera la Basilicata nel 1864, la Calabria nel 1887 e gli Abruzzi nel 1898. Il caso della Basilicata è clamoroso perché nel 1900 era esattamente al livello dei 4,14 milioni dai quali era partita, mentre l'Umbria era cresciuta di cinque volte. Il primato della Campania resiste solo due anni: nel 1863 – segnato dall'eccidio di Pietrarsa – la regione viene superata dalla Lombardia. Il sorpasso del Piemonte arriva nel 1881. Quello di Liguria e Toscana nel 1896. Le posizioni sono segnate e così quando la produzione industriale decolla, a inizio ‘900, gli effetti sui territori sono diversi. In Piemonte si assiste a un più 124% del valore della produzione tra il 1902 e il 1912 (da 90,12 a 201,56 milioni) e la crescita è ancora più impetuosa in Liguria (da 85,12 a 180,56 milioni) e in Lombardia (da 125,14 a 311,62). In Campania si passa da 67,78 a 142,47. In Sicilia da 49,94 a 76,29. Tutto ciò non rappresenta una novità per chi non si è fermato ai libri di scuola che parlano di un Nord industriale e di un Sud agricolo. Ma il primato della Campania non era mai stato certificato con tanta precisione». </span></span></div>
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<span style="color: white; font-family: Arial, Helvetica, sans-serif;"><span style="background-color: black;">Snocciolando i dati ritroviamo di seguito la CLASSIFICA REGIONI PER VALORE PRODUZIONE INDUSTRIALE </span></span></div>
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<span style="color: white; font-family: Arial, Helvetica, sans-serif;"><span style="background-color: black;">1861 </span></span></div>
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<span style="color: white; font-family: Arial, Helvetica, sans-serif;"><span style="background-color: black;"><br /></span></span></div>
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<span style="color: white; font-family: Arial, Helvetica, sans-serif;"><span style="background-color: black;">1. Campania </span></span></div>
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<span style="color: white; font-family: Arial, Helvetica, sans-serif;"><span style="background-color: black;">2. Lombardia </span></span></div>
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<span style="color: white; font-family: Arial, Helvetica, sans-serif;"><span style="background-color: black;">3. Piemonte </span></span></div>
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<span style="color: white; font-family: Arial, Helvetica, sans-serif;"><span style="background-color: black;">4. Toscana </span></span></div>
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<span style="color: white; font-family: Arial, Helvetica, sans-serif;"><span style="background-color: black;">5. Veneto </span></span></div>
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<span style="color: white; font-family: Arial, Helvetica, sans-serif;"><span style="background-color: black;">6. Sicilia </span></span></div>
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<span style="color: white; font-family: Arial, Helvetica, sans-serif;"><span style="background-color: black;"><br /></span></span></div>
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<span style="color: white; font-family: Arial, Helvetica, sans-serif;"><span style="background-color: black;">1871 </span></span></div>
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<span style="color: white; font-family: Arial, Helvetica, sans-serif;"><span style="background-color: black;"><br /></span></span></div>
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<span style="color: white; font-family: Arial, Helvetica, sans-serif;"><span style="background-color: black;">1. Lombardia </span></span></div>
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<span style="color: white; font-family: Arial, Helvetica, sans-serif;"><span style="background-color: black;">2. Campania </span></span></div>
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<span style="color: white; font-family: Arial, Helvetica, sans-serif;"><span style="background-color: black;">3. Piemonte </span></span></div>
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<span style="color: white; font-family: Arial, Helvetica, sans-serif;"><span style="background-color: black;">4. Veneto </span></span></div>
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<span style="color: white; font-family: Arial, Helvetica, sans-serif;"><span style="background-color: black;">5. Liguria </span></span></div>
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<span style="color: white; font-family: Arial, Helvetica, sans-serif;"><span style="background-color: black;">6. Toscana </span></span></div>
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<span style="color: white; font-family: Arial, Helvetica, sans-serif;"><span style="background-color: black;"><br /></span></span></div>
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<span style="color: white; font-family: Arial, Helvetica, sans-serif;"><span style="background-color: black;">1881 </span></span></div>
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<span style="color: white; font-family: Arial, Helvetica, sans-serif;"><span style="background-color: black;"><br /></span></span></div>
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<span style="color: white; font-family: Arial, Helvetica, sans-serif;"><span style="background-color: black;">1. Lombardia </span></span></div>
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<span style="color: white; font-family: Arial, Helvetica, sans-serif;"><span style="background-color: black;">2. Piemonte </span></span></div>
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<span style="color: white; font-family: Arial, Helvetica, sans-serif;"><span style="background-color: black;">3. Campania </span></span></div>
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<span style="color: white; font-family: Arial, Helvetica, sans-serif;"><span style="background-color: black;">4. Veneto </span></span></div>
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<span style="color: white; font-family: Arial, Helvetica, sans-serif;"><span style="background-color: black;">5. Toscana </span></span></div>
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<span style="color: white; font-family: Arial, Helvetica, sans-serif;"><span style="background-color: black;">6. Liguria </span></span></div>
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<span style="color: white; font-family: Arial, Helvetica, sans-serif;"><span style="background-color: black;"><br /></span></span></div>
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<span style="color: white; font-family: Arial, Helvetica, sans-serif;"><span style="background-color: black;">1891 </span></span></div>
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<span style="color: white; font-family: Arial, Helvetica, sans-serif;"><span style="background-color: black;"><br /></span></span></div>
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<span style="color: white; font-family: Arial, Helvetica, sans-serif;"><span style="background-color: black;">1. Lombardia </span></span></div>
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<span style="color: white; font-family: Arial, Helvetica, sans-serif;"><span style="background-color: black;">2. Piemonte </span></span></div>
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<span style="color: white; font-family: Arial, Helvetica, sans-serif;"><span style="background-color: black;">3. Campania </span></span></div>
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<span style="color: white; font-family: Arial, Helvetica, sans-serif;"><span style="background-color: black;">4. Toscana </span></span></div>
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<span style="color: white; font-family: Arial, Helvetica, sans-serif;"><span style="background-color: black;">5. Liguria </span></span></div>
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<span style="color: white; font-family: Arial, Helvetica, sans-serif;"><span style="background-color: black;">6. Veneto </span></span></div>
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<span style="color: white; font-family: Arial, Helvetica, sans-serif;"><span style="background-color: black;"><br /></span></span></div>
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<span style="color: white; font-family: Arial, Helvetica, sans-serif;"><span style="background-color: black;">1901 </span></span></div>
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<span style="color: white; font-family: Arial, Helvetica, sans-serif;"><span style="background-color: black;"><br /></span></span></div>
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<span style="color: white; font-family: Arial, Helvetica, sans-serif;"><span style="background-color: black;">1. Lombardia </span></span></div>
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<span style="color: white; font-family: Arial, Helvetica, sans-serif;"><span style="background-color: black;">2. Piemonte </span></span></div>
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<span style="color: white; font-family: Arial, Helvetica, sans-serif;"><span style="background-color: black;">3. Liguria </span></span></div>
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<span style="color: white; font-family: Arial, Helvetica, sans-serif;"><span style="background-color: black;">4. Toscana </span></span></div>
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<span style="color: white; font-family: Arial, Helvetica, sans-serif;"><span style="background-color: black;">5. Campania </span></span></div>
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<span style="color: white; font-family: Arial, Helvetica, sans-serif;"><span style="background-color: black;">6. Veneto </span></span></div>
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<span style="color: white; font-family: Arial, Helvetica, sans-serif;"><span style="background-color: black;"><br /></span></span></div>
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<span style="color: white; font-family: Arial, Helvetica, sans-serif;"><span style="background-color: black;">L'Italia che oggi abbiamo ereditato è quindi frutto dei fallimenti di chi ha voluto spostare il centro dell'economia in un'area che in passato stentava a far quadrare i conti. Volendo fare un esempio è come implementare un motore Ferrari sulla scocca di un'utilitaria. Dopo un giro di prova si rischia di rovinare sia il motore che il resto dell'auto. Ad oggi l'Italia è proprio l'emblema di scelte sbagliate costruite su soprusi e operazioni massoniche. Di contr'altare si potrebbe anche pensare a scelte economiche conformi ai tempi e di conseguenza anche evoluzioni fisiologiche che avrebbero comunque portato il sud in questo stato. Ma anche questa ipotesi è stata già vagliata anche dai due economisti, che hanno ribadito quanto sia importante la posizione strategica dei mercati campani e quindi non solo una questione di savoir-faire del Regno delle Due Sicilie ma soprattutto una concentrazione di elementi cruciali che hanno portato l'economia napoletana in vetta alla classifica. Gli economisti non hanno evidenziato, ma questo lo facciamo noi, come il processo di distruzione dell'economia del sud sia stato lungo e lancinante. Continui attacchi fatti di leggi e distrazioni di fondi, che ancora oggi lasciano il mezzogiorno ingessato rispetto alle atre aree del bel Paese. Una sorta di embargo economico che tutti i giorni si concretizza sui mercati nazionali, sia sul piano dei prodotti che su quello dei servizi. Siamo obbligati, come succedeva nel secondo dopo guerra, ad acquistare prodotti del nord, alimentando l'economia del nord e facendo passare la cosa come un normale processo economico. Nel concreto invece noi non scegliamo di acquistare ma siamo obbligati ad acquistare perché è stata eliminato ogni flusso concorrenziale proveniente dal nord. Nel concreto dopo il 1861 sull'economia meridionale si è abbattuta una rappresaglia così vasta da far concorrenza ad Hiroshima. Probabilmente questo studio sarà occultato come tanti altri già effettuati per continuare a dare ragione a chi dal nord pontifica affermando che sono loro il motore del'Italia e che il sud è la solita palla al piede fatta di politiche assistenziali e piagnistei. (fonte Banca d'Italia, IlSole 24ore, unionemediterranea)</span></span><br />
<span style="color: white; font-family: Arial, Helvetica, sans-serif;"><span style="background-color: black;"><br /></span></span>
<span style="background-color: black; color: white; font-family: Arial, Helvetica, sans-serif;">Da http://social.i-sud.it/</span></div>
Unknownnoreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-283724742570293943.post-51309739172422307262014-11-04T09:35:00.001+01:002014-11-04T09:39:30.399+01:00Il rapporto Svimez, il divario Nord-Sud e le leggi approvate dal primo Parlamento italiano<span style="background-color: black; color: white;"> <span style="font-family: 'Lucida Sans Unicode', 'Lucida Grande', sans-serif; font-size: 13px; line-height: 17px;">Il Sud è al tracollo. Mai così male, negli ultimi 40 anni. Lo Svimez diffonde cifre da brividi: del 12,7 per cento crollati i consumi; del 4,2 gli investimenti. Solo due volte, dall'unità d'Italia in poi, al Sud ci sono stati più defunti che bambini nati. La prima volta fu nel 1867. </span></span><br />
<span style="background-color: black;"><span style="color: white;"><br style="font-family: 'Lucida Sans Unicode', 'Lucida Grande', sans-serif; font-size: 13px; line-height: 17px;" /></span>
<span style="color: white; font-family: 'Lucida Sans Unicode', 'Lucida Grande', sans-serif; font-size: 13px; line-height: 17px;">Male, male, male: il divario aumenta e l'occupazione è come fu nel 1977, con 583mila posti di lavoro persi. Il sottosegretario Graziano Delrio parla di "Sud diventato la Germania dell'Est dell'Italia" e il presidente dello Svimez, Adriano Giannola, denuncia: "Negli ultimi 25 anni si è puntato solo sulla locomotiva Nord, dimenticando il Mezzogiorno".</span></span><br />
<span style="background-color: black;"><span style="color: white;"><br style="font-family: 'Lucida Sans Unicode', 'Lucida Grande', sans-serif; font-size: 13px; line-height: 17px;" /></span>
<span style="color: white; font-family: 'Lucida Sans Unicode', 'Lucida Grande', sans-serif; font-size: 13px; line-height: 17px;">C'è da chiedersi, parlando d'Italia, se privilegiare il Nord nelle scelte politico-economiche sia fenomeno soltanto degli ultimi 25 anni o se, per caso, il nostro non sia sempre stato un Paese nord-centrico nei suoi obiettivi di sviluppo. Il divario economico si ridusse negli anni del boom economico nei primi anni '60 del secolo scorso: lo dicono le cifre del Pil di quel periodo riportate anche dai professori Daniele e Malanima. Periodo che coincise con l'avvio della Cassa del Mezzogiorno, che significò nvestimenti e opere pubbliche in grado di trainare l'economia meridionale.</span></span><br />
<span style="background-color: black;"><span style="color: white;"><br style="font-family: 'Lucida Sans Unicode', 'Lucida Grande', sans-serif; font-size: 13px; line-height: 17px;" /></span>
<span style="color: white; font-family: 'Lucida Sans Unicode', 'Lucida Grande', sans-serif; font-size: 13px; line-height: 17px;">Una formula non nuova se già nel 1904, al momento dell'approvazione della legge speciale per Napoli, era teorizzata anche da Francesco Saverio Nitti. Che scriveva: "Occorre che Napoli cessi di essere città di consumi per diventare città di produzione. Niente industrie sussidiate, concessioni o forme speciali di protezione, la rinnovazione industriale non può però che avvenire in un regime speciale".</span></span><br />
<span style="background-color: black;"><span style="color: white;"><br style="font-family: 'Lucida Sans Unicode', 'Lucida Grande', sans-serif; font-size: 13px; line-height: 17px;" /></span>
<span style="color: white; font-family: 'Lucida Sans Unicode', 'Lucida Grande', sans-serif; font-size: 13px; line-height: 17px;">Parliamo esclusivamente d'Italia unita, parliamo delle scelte territoriali e geografiche fatte per eliminare squilibri, per armonizzare tutte le aree della penisola. E partiamo dall'inizio della nostra storia unitaria, guardando agli anni probabilmente premessa delle scelte successive. Scelte legislative, scelte economiche, scelte politiche.</span></span><br />
<span style="background-color: black;"><span style="color: white;"><br style="font-family: 'Lucida Sans Unicode', 'Lucida Grande', sans-serif; font-size: 13px; line-height: 17px;" /></span>
<span style="color: white; font-family: 'Lucida Sans Unicode', 'Lucida Grande', sans-serif; font-size: 13px; line-height: 17px;">Senza interpretazioni, parlano i fatti. Parlano i dati della prima legislatura, quella che cominciò il 18 febbraio 1861 e fino al 1865 vide avvicendarsi sei governi. Che volto diedero alla nazione in fasce i 443 deputati, eletti da 394.365 italiani? Tra quegli onorevoli, 192 venivano dalle regioni meridionali, 133 da quelle settentrionali, 107 dal centro e 11 dalla Sardegna. </span></span><br />
<span style="background-color: black;"><span style="color: white;"><br style="font-family: 'Lucida Sans Unicode', 'Lucida Grande', sans-serif; font-size: 13px; line-height: 17px;" /></span>
<span style="color: white; font-family: 'Lucida Sans Unicode', 'Lucida Grande', sans-serif; font-size: 13px; line-height: 17px;">Oggi, Niki Vendola, governatore della Puglia, dice che "l'unità del Paese si raggiunge con la realizzazione delle ferrovie". Se al momento dell'unità, esistevano più percorsi ferroviari al Nord che al Sud, dopo 153 anni cosa si è fatto per eliminare il divario di partenza? Logica avrebbe voluto che, da subito, già alla prima legislatura del regno d'Italia, si fosse scelto di finanziare somme maggiori di investimenti nei collegamenti ferroviari nel Mezzogiorno invece che nel resto della penisola.</span></span><br />
<span style="background-color: black;"><span style="color: white;"><br style="font-family: 'Lucida Sans Unicode', 'Lucida Grande', sans-serif; font-size: 13px; line-height: 17px;" /></span>
<span style="color: white; font-family: 'Lucida Sans Unicode', 'Lucida Grande', sans-serif; font-size: 13px; line-height: 17px;">E invece? Invece il quadro dei chilometri delle concessioni per opere ferroviarie dal 1861 al 1865 fornisce un insolito criterio di riequilibrio. Un quadro raccolto dal deputato della destra cavouriana Leopoldo Galeotti. Eccolo: 2937 chilometri nell'Italia "superiore", 1481 nella "media", 1805 in quella "meridionale". La somma di chilometri tra Sardegna (che fino al 1863 non aveva neanche un metro di ferrovia) e Sicilia fu di 1847.</span></span><br />
<span style="background-color: black;"><span style="color: white;"><br style="font-family: 'Lucida Sans Unicode', 'Lucida Grande', sans-serif; font-size: 13px; line-height: 17px;" /></span>
<span style="color: white; font-family: 'Lucida Sans Unicode', 'Lucida Grande', sans-serif; font-size: 13px; line-height: 17px;">Sempre Galeotti ci fornisce le cifre degli investimenti per le strade: 3 milioni 575367 per le "province subalpine" e 2 milioni 500763 per le napoletane. Non esistevano più le Due Sicilie, né il regno Sardo-piemontese. Era il regno d'Italia, con le sue prime scelte parlamentari. E questi sono i numeri.</span></span><br />
<span style="background-color: black;"><span style="color: white;"><br style="font-family: 'Lucida Sans Unicode', 'Lucida Grande', sans-serif; font-size: 13px; line-height: 17px;" /></span>
<span style="color: white; font-family: 'Lucida Sans Unicode', 'Lucida Grande', sans-serif; font-size: 13px; line-height: 17px;">Illuminanti anche alcune leggi approvate tra il 1861 e il 1865: un prestito di 500 milioni per limitare il disavanzo maturato "per costruire l'Italia". Ancora 226mila lire per il porto di Rimini. Poi, nel 1861, 8 concessioni ferroviarie nel centro-nord e due nel sud. Una delle due assai generica, fu approvata il 28 luglio: "costruzione di strade ferrate nelle province meridionali, napoletane e siciliane". Significativa la legge del 18 agosto, che istituì "succursali e sedi della Banca nazionale nelle province meridionali". Era la Banca centrale dell'ex regno Sardo-piemontese. Non fu consentita, invece, l'apertura di sedi del Banco di Napoli al nord.</span></span><br />
<span style="background-color: black;"><span style="color: white;"><br style="font-family: 'Lucida Sans Unicode', 'Lucida Grande', sans-serif; font-size: 13px; line-height: 17px;" /></span>
<span style="color: white; font-family: 'Lucida Sans Unicode', 'Lucida Grande', sans-serif; font-size: 13px; line-height: 17px;">Il 5 dicembre si pensò di abolire i "vincoli feudali nelle province lombarde". E poi si unificarono pesi e misure, moneta e codici secondo le regole in vigore in Piemonte prima delle annessioni. Il 1862 fu l'anno delle leggi per nuove tasse: sui biglietti ferroviari, sul registro, sul bollo, sulle società industriali, commerciali e delle assicurazioni, sulle ipoteche, sull'Università, sul bollo delle carte da gioco, sui redditi della ricchezza mobile. E poi, due anni dopo, un secondo prestito per appianare il disavanzo: stavolta di 700 milioni, nel 1863.</span></span><br />
<span style="background-color: black;"><span style="color: white;"><br style="font-family: 'Lucida Sans Unicode', 'Lucida Grande', sans-serif; font-size: 13px; line-height: 17px;" /></span>
<span style="color: white; font-family: 'Lucida Sans Unicode', 'Lucida Grande', sans-serif; font-size: 13px; line-height: 17px;">Questo fu il primo stampo dell'Italia unita ancora neonata. Inutile negarlo: l'impronta prevalente porta il marchio dei deputati del nord. Nei primi 20 anni d'unità ebbero il sopravvento, per una serie di ragioni che qui sarebbe lungo elencare, usi e leggi dell'ex regno subalpino. E lo ammise anche il toscano Leopoldo Galeotti, che nel suo consuntivo sulla prima legislatura pubblicato nel 1866 scriveva: "Non conviene dimenticare che il Parlamento, nella sua quasi totalità (eccettuata la parte piemontese), era composto di uomini nuovi e inesperti. Così la balia di fare e disfare rimase nella sostanza agli uomini della burocrazia. Quello che avveniva ai deputati, toccava anche ai ministri piemontesi e non piemontesi". Era l'eredità che l'Italia in fasce lasciava a chi l'avrebbe governata negli anni a venire.</span></span><br />
<span style="background-color: black;"><span style="color: white; font-family: 'Lucida Sans Unicode', 'Lucida Grande', sans-serif; font-size: 13px; line-height: 17px;"><br /></span></span>
<span style="background-color: black;"><span style="color: white; font-family: 'Lucida Sans Unicode', 'Lucida Grande', sans-serif; font-size: 13px; line-height: 17px;">di Gigi Di Fiore</span></span><br />
<span style="background-color: black;"><span style="color: white; font-family: 'Lucida Sans Unicode', 'Lucida Grande', sans-serif; font-size: 13px; line-height: 17px;">ilmattino.it</span></span>Unknownnoreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-283724742570293943.post-56990317195911307252014-10-29T13:22:00.001+01:002014-10-29T13:22:15.462+01:00Sud desertificato – La scelta del governo Renzi: azzerati trasporti, fondi europei e scuole primarie<div>Il Mattino, nella sua edizione nazionale, sta combattendo una battagia mediatica senza precedenti per informare la popolazione sui gravissimi decreti del governo italiano che di fatto hanno umiliato le regioni meridionali. Domenica 26 Ottobre l'editoriale di Marco Esposito raccoglieva i dati sulla ripartizione dei finanziamenti per le ferrovie contenuti nel decreto del governo "Sblocca Italia" e nella "legge di Stabilità", di questi fondi 4,7 miliardi sono destinati a opere delle regioni dalla Toscana in sù (tra cui il tunnel del Brennero, TAV in Val di Susa e terzo valico ferroviario nell'Appennino ligure) mentre solo 60 milioni (non è un errore di battitura) sono destinati a tutte le restanti regioni meridionali. Il sottosegretario PD Graziano Delrio il giorno 28 ottobre ha confermato l'azzermaneto dei finanziamenti esclusivamente alle regioni meridionali adducendo come motivazione la presenza di "rocce" lungo le tratte ferroviarie da progettare (ci chiediamo se l'appennino ligure o le alpi siano costituite da materiali non indentificabili col termine "rocce"). Delrio per l'ennesima volta declassa la sua immagine già piuttosto inflazionata con dichiarazioni ridicole e prive di senso.<br><br>Questa ennesima infame condanna all'arretratezza delle nostre regioni si somma alla sempre recente decisione del governo italiano di adottare la spesa storica per lo stanziamento dei fondi per le scuole primarie; decisione che di fatto condanna le regioni meridionali (da sempre con pochi asili) a continuare a non avere servizi simili a quelli del nord con uno scippo di 700 milioni di euro dirottati verso il settentrione. La standardizzazione della spesa avrebbe distribuito proporzionalmente al numero di bambini per regione i fondi per la loro educazione e formazione, ma non era conveniente per tutte le regioni italiane: quelle settentrionali. Anche questa volta l'Italia ha agito condannando le prossime generazione di meridionali all'emigrazione o comunque a una vita più difficile.<br><br>Infine ricordiamo il dimezzamento del cofinanziamento ai fondi europei (ma badate bene, solo per i fondi destinati alle regioni meridionali) voluto da questo governo nel mese di settembre e sempre denunciato da Marco Esposito sulle pagine del Mattino. Una porcata con la quale si riducono del 25% i potenziali investimenti europei nel Mezzogiorno venendo meno la metà dei fondi italiani che dovevano sommarsi a quelli dell'Unione Europea. Una notizia, anche questa, confermata dal sottosegretario del Partito Democratico Graziano Delrio che per la seconda volta risponde alla chiamata di giustificare il suo governo arrampicandosi sugli specchi e promettendo che quei fondi in un futuro ignoto saranno comunque destinati al Sud; l'ennesima presa in giro.<br><br>Stefano Lo Passo</div><div>Meridionalismo.it</div><div><br></div>Unknownnoreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-283724742570293943.post-25420602274074072792014-10-23T16:53:00.001+02:002014-10-23T16:58:10.048+02:00Io Amo Napoli, la nuova campagna del Comune di Napoli che incentiva il senso civico dei cittadini<span style="background-color: black;"><span style="color: white; font-size: large;"> <span style="border: 0px; font-family: 'Open Sans', Arial, sans-serif; font-stretch: inherit; font-weight: 600; line-height: 22.3999996185303px; margin: 0px; padding: 0px; vertical-align: baseline;">"Napoli sei tu. Amala, rispettala, proteggila!"</span></span></span><br />
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<span style="background-color: black; border: 0px; color: white; font-family: 'Open Sans', Arial, sans-serif; font-size: 14px; font-stretch: inherit; font-weight: 600; line-height: 22.3999996185303px; margin: 0px; padding: 0px; vertical-align: baseline;"><br />
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<span style="background-color: black; border: 0px; color: white; font-family: 'Open Sans', Arial, sans-serif; font-size: 14px; font-stretch: inherit; font-weight: 600; line-height: 22.3999996185303px; margin: 0px; padding: 0px; vertical-align: baseline;"><img alt="io-amo-napoli-(1)" src="http://www.napolike.it/wp-content/uploads/2014/10/io-amo-napoli-1.jpg" /></span></div>
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<span style="background-color: black; border: 0px; color: white; font-family: 'Open Sans', Arial, sans-serif; font-size: 14px; font-stretch: inherit; font-weight: 600; line-height: 22.3999996185303px; margin: 0px; padding: 0px; vertical-align: baseline;"><br />
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<span style="background-color: black; border: 0px; color: white; font-family: 'Open Sans', Arial, sans-serif; font-size: 14px; font-stretch: inherit; font-weight: 600; line-height: 22.3999996185303px; margin: 0px; padding: 0px; vertical-align: baseline;"><img alt="io-amo-napoli-(2)" src="http://www.napolike.it/wp-content/uploads/2014/10/io-amo-napoli-2.jpg" /></span></div>
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<span style="background-color: black; border: 0px; color: white; font-family: 'Open Sans', Arial, sans-serif; font-size: 14px; font-stretch: inherit; font-weight: 600; line-height: 22.3999996185303px; margin: 0px; padding: 0px; vertical-align: baseline;"><br />
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<span style="background-color: black; border: 0px; color: white; font-family: 'Open Sans', Arial, sans-serif; font-size: 14px; font-stretch: inherit; font-weight: 600; line-height: 22.3999996185303px; margin: 0px; padding: 0px; vertical-align: baseline;"><img alt="io-amo-napoli-(9)" src="http://www.napolike.it/wp-content/uploads/2014/10/io-amo-napoli-9.jpg" /></span></div>
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<span style="background-color: black; border: 0px; color: white; font-family: 'Open Sans', Arial, sans-serif; font-size: 14px; font-stretch: inherit; font-weight: 600; line-height: 22.3999996185303px; margin: 0px; padding: 0px; vertical-align: baseline;"><br />
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<span style="background-color: black; border: 0px; color: white; font-family: 'Open Sans', Arial, sans-serif; font-size: 14px; font-stretch: inherit; font-weight: 600; line-height: 22.3999996185303px; margin: 0px; padding: 0px; vertical-align: baseline;"><img alt="io-amo-napoli-(8)" src="http://www.napolike.it/wp-content/uploads/2014/10/io-amo-napoli-8.jpg" /></span></div>
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<span style="background-color: black; border: 0px; color: white; font-family: 'Open Sans', Arial, sans-serif; font-size: 14px; font-stretch: inherit; font-weight: 600; line-height: 22.3999996185303px; margin: 0px; padding: 0px; vertical-align: baseline;"><br />
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<span style="background-color: black; border: 0px; color: white; font-family: 'Open Sans', Arial, sans-serif; font-size: 14px; font-stretch: inherit; font-weight: 600; line-height: 22.3999996185303px; margin: 0px; padding: 0px; vertical-align: baseline;"><img alt="io-amo-napoli-(7)" src="http://www.napolike.it/wp-content/uploads/2014/10/io-amo-napoli-7.jpg" /></span></div>
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<span style="background-color: black; border: 0px; color: white; font-family: 'Open Sans', Arial, sans-serif; font-size: 14px; font-stretch: inherit; font-weight: 600; line-height: 22.3999996185303px; margin: 0px; padding: 0px; vertical-align: baseline;"><br />
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<span style="background-color: black; border: 0px; color: white; font-family: 'Open Sans', Arial, sans-serif; font-size: 14px; font-stretch: inherit; font-weight: 600; line-height: 22.3999996185303px; margin: 0px; padding: 0px; vertical-align: baseline;"><img alt="io-amo-napoli-(6)" src="http://www.napolike.it/wp-content/uploads/2014/10/io-amo-napoli-6.jpg" /></span></div>
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<span style="background-color: black; border: 0px; color: white; font-family: 'Open Sans', Arial, sans-serif; font-size: 14px; font-stretch: inherit; font-weight: 600; line-height: 22.3999996185303px; margin: 0px; padding: 0px; vertical-align: baseline;"><br />
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<span style="background-color: black; border: 0px; color: white; font-family: 'Open Sans', Arial, sans-serif; font-size: 14px; font-stretch: inherit; font-weight: 600; line-height: 22.3999996185303px; margin: 0px; padding: 0px; vertical-align: baseline;"><img alt="io-amo-napoli-(5)" src="http://www.napolike.it/wp-content/uploads/2014/10/io-amo-napoli-5.jpg" /></span></div>
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<span style="background-color: black; border: 0px; color: white; font-family: 'Open Sans', Arial, sans-serif; font-size: 14px; font-stretch: inherit; font-weight: 600; line-height: 22.3999996185303px; margin: 0px; padding: 0px; vertical-align: baseline;"><br />
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<span style="background-color: black; border: 0px; color: white; font-family: 'Open Sans', Arial, sans-serif; font-size: 14px; font-stretch: inherit; font-weight: 600; line-height: 22.3999996185303px; margin: 0px; padding: 0px; vertical-align: baseline;"><img alt="io-amo-napoli-(4)" src="http://www.napolike.it/wp-content/uploads/2014/10/io-amo-napoli-4.jpg" /></span></div>
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<span style="background-color: black; border: 0px; color: white; font-family: 'Open Sans', Arial, sans-serif; font-size: 14px; font-stretch: inherit; font-weight: 600; line-height: 22.3999996185303px; margin: 0px; padding: 0px; vertical-align: baseline;"><br />
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<span style="background-color: black; border: 0px; color: white; font-family: 'Open Sans', Arial, sans-serif; font-size: 14px; font-stretch: inherit; font-weight: 600; line-height: 22.3999996185303px; margin: 0px; padding: 0px; vertical-align: baseline;"><img alt="io-amo-napoli-(3)" src="http://www.napolike.it/wp-content/uploads/2014/10/io-amo-napoli-3.jpg" /></span></div>
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<span style="background-color: white; border: 0px; font-family: 'Open Sans', Arial, sans-serif; font-size: 14px; font-stretch: inherit; font-weight: 600; line-height: 22.3999996185303px; margin: 0px; padding: 0px; vertical-align: baseline;"><br />
</span></div>
Unknownnoreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-283724742570293943.post-18468798904747506052014-08-06T08:06:00.001+02:002014-08-06T08:06:46.784+02:00Altro furto ai danni del Sud???<div><div style="; ">Napoli. Federalismo, la beffa dei fabbisogni standard: nessun asilo in più<br>Marco Esposito, Il Mattino<br>24-Luglio-2014<br><br>Napoli - «Non soltanto la cambiamo, al di là della tecnicalità immediata». Il 14 maggio, in occasione del Forum con il Mattino, il premier Matteo Renzi era stato chiarissimo impegnandosi a cambiare la regola del federalismo fiscale che assegna un fabbisogno zero di asili nido nei Comuni senza asili nido, misurando cioè il fabbisogno sul numero di strutture esistenti e non sul numero di bambini.<br><br>Ora il momento della «tecnicalità» è arrivato. Ma tra un tecnicismo e l'altro l'impegno del premier si è perso per strada perché ieri il Consiglio dei ministri ha detto che è giusto così: il fabbisogno di asili nido nel Mezzogiorno è pari ai pochi asili aperti. Non uno di più.</div><div> </div><div><br></div><div style="; "><br></div><div style="; "><br></div><div style="; ">Asili e scuole, scippo al Sud da 700 milioni<br>Marco Esposito, Il Mattino<br>30-Luglio-2014<br><br>Ora ci sono i dati. Istat e non solo. E certificano l'assurdo di adottare la spesa storica per assegnare ai Comuni i fabbisogni in materia di scuola e asili nido: una torta da 5,6 miliardi di euro che si è scelto di suddividere replicando appunto la spesa storica per asili nido, mense scolastiche, manutenzione di edifici e così via. Un vero e proprio trucco contabile che consente di sottrarre oltre 700 milioni di euro all'anno dai bisogni concreti del Mezzogiorno verso i municipi del Centronord. Il regalo più sostanzioso lo riceve Milano (79 milioni) mentre Napoli si vede sottrarre 66 milioni.<br></div><div><br></div></div>Unknownnoreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-283724742570293943.post-35969246694477958832014-02-27T09:43:00.001+01:002014-02-27T09:43:11.300+01:00Ecco i numeri delle due Italie: Napoli paga tasse, tariffe e polizze doppie di Milano<font face="tahoma, arial, helvetica, sans-serif"><span style="font-size: 12px;">Iniziare dalla scuola è un segnale bellissimo. E cominciare da un istituto di Treviso, come ha fatto Matteo Renzi, è una scelta bella come altre, perché gli studenti meritano tutti la stessa attenzione.<span class="Apple-tab-span" style="white-space: pre;"> </span></span></font><div><font face="tahoma, arial, helvetica, sans-serif"><span style="font-size: 12px;"><br></span></font></div><div><font face="tahoma, arial, helvetica, sans-serif"><span style="font-size: 12px;">Nello stesso giorno in cui il premier era in Veneto, però, l'associazione dei professionisti della formazione Anief denunciava che le assunzioni di docenti di sostegno si faranno per l'80% al Nord (18.000 su 22.000) e il 20% al Centrosud. Solo un caso? Purtroppo no: mettendo in fila tasse e gabelle pagate da due famiglie-tipo, una residente a Napoli e l'altra a Milano, la sola differenza di residenza porta sui napoletani il 155% in più di Rc auto, il 139% in più di Rc moto, il 28% di maggiori addizionali Irpef, il 12% di superiore tassa per i rifiuti. E a fronte di esborsi maggiori, si ricevono meno servizi per asili, trasporti locali, sostegni agli anziani e agli studenti meritevoli.</span></font></div><div><font face="tahoma, arial, helvetica, sans-serif"><span style="font-size: 12px;"><br></span></font></div><div><font face="tahoma, arial, helvetica, sans-serif"><span style="font-size: 12px;">Marco Esposito – Il Mattino</span></font></div><div style="font-family: tahoma, arial, helvetica, sans-serif; font-size: 12px;"><br></div> Unknownnoreply@blogger.com0